30 mag 2013

Brano del giorno: "Locomotive Breath"

... Jethro Tull




Ian Anderson..................Flute, Vocals, Acoustic Guitar
Martin Barre....................Electric Guitar
Doane Perry...................Drums and Percussion
Andrew Giddings..........Piano, Organ, and Keyboards
Jonathan Noyce............Bass Guitar

Quanti ne conoscete di flautisti capaci di rockeggiare a questo modo? Ian Anderson, insieme a Barre uno dei due superstiti della formazione originale, è l'icona, il simbolo carismatico, del gruppo di Blackpool. La sua postura del fenicottero mentre suona il flauto è celeberrima.



Quello dei Jethro Tull è un folk rock con accenti hard e, per via di certe lunghe suites ("Thick As A Brick" nell'album omonimo), la band è stata catalogata anche (in parte erroneamente) come progressive. I loro 10 migliori dischi (scelti da Topolàin):

1. Minstrel in the Gallery
2. A Passion Play
3. Thick as a Brick
4. Songs from the Wood
5. Catfish Rising
6. Heavy Horses
7. Stand Up
8. Benefit
9. Aqualung
10. Living in the Past


I testi di Thick as a Brick furono scritti da un bambino di 8 anni, Gerald Bostock, oggi presente su Facebook e su Twitter








20 mag 2013

Jazz. 'Monk's Dream', album intero

Con Thelonious Monk suonano:

Charlie Rouse (tenor sax), John Ore (bass) e Frankie Dunlop (drums).



Side one
"Monk's Dream" - 00:00
"Body and Soul" (Edward Heyman, Robert Sour, Frank Eyton and Johnny Green) - 06:28
"Bright Mississippi" - 10:59
"Five Spot Blues" - 19:38

Side two
"Bolivar Blues" - 22:53
"Just a Gigolo" (Julius Brammer, Irving Caesar, Leonello Casucci) - 30:26
"Bye-Ya" - 32:56
 "Sweet and Lovely" (Gus Arnheim, Harry Tobias, Jules LeMare) 38:20



Topolàin aveva già dedicato a Monk almeno un post: "Bemsha Swing".



Su questo formidabile pianista puoi leggere sul web anche le seguenti notizie:

"Siena celebra Thelonious Monk" (22/03/2013)


E, sul recente libro a firma Robin D.G. Kelley (edizioni Minimum Fax):

"Monk, un genio americano" (sul sito Il Recensore) e
"Biografia di Monk" (sul blog Jazz nel pomeriggio)


19 mag 2013

Il come-back dei Randone

Un video "storico": i Randone in sala prova nell'occasione dell'uscita di Hybla:




"Eravamo insieme, tutto il resto l'ho scordato"
(Walt Whitman)



22 aprile
(dall'album Linea di confine)


E ricordo la spiaggia in una sera come questa
di poco più di 3 anni fa
e il nostro primo bacio che sapeva di rum

... La città sembrava più bella

E ricordo i tuoi begli occhi
imprigionare i miei
e nel nostro letto quel tepore
di quando forte mi stringevi

Prima o poi ritorneremo a sentire

E ricordo... le nostre anime che
si facevano belle
davanti ad una serie in tv
Ma col tempo... il sogno mio più bello
l'innocenza del vento portò lontano da me

E ricordo la spiaggia di una sera come questa
di poco più di 6 mesi fa
ed il cuore tuo che non batteva per me
E ricordo il gelo della notte
che premeva sul mio cuore
poco più di 3 mesi fa mi chiedevi come amare

... La città sembrava sommersa


 



NEWS 2013 - Cercasi fondi per l'ultimo album dei Randone


Volete investire qualche centinaio o migliaio di euro? Il ritorno dei Randone (gruppo di rock progressivo "based in Sicily") avviene all'insegna del doppio pellegrinaggio sul "Camino de Santiago" compiuto da Nico Randone, il leader.

                                       



Su "Music Raiser" (sito specializzato nel polarizzare l'attenzione di investitori su nuovi prodotti musicali) trovate diverse informazioni in proposito:
http://www.musicraiser.com/projects/1064-canzoni-sulla-via-diario-musicale-di-un-pellegrino-di-santiago

L'album si intitolerà Canzoni sulla via. Sottotitolo: "Diario musicale di un pellegrino di Santiago". Sarà il sesto disco della band, nota per le atmosfere fiabesche ma anche per i testi a sfondo esistenziale. Probabilmente all'ultimo i CD sull'avventura verso Santiago de Compostela saranno due; ma intanto aiutiamo i Randone a realizzare questo Canzoni sulla Via ('Songs on the Way'), la cui uscita è prevista nel dicembre dell'anno corrente.


                       ****Randone - Sito ufficiale****          

L'ultimo progetto dei Randone su Crowdfunding ("Music Raiser")

Il Mondo di Art: El Camino de Santiago (viaggio 2008)

Il Mondo di Art: El Camino Norte de Santiago (viaggio 2012)

Art TV  (diversi video)


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Una vecchia recensione: Linea di confine (2009)


...
E' uscito l'ultimo capolavoro di / dei Randone. Il titolo è Linea di confine e l'etichetta, ancora una volta, Elecromantic Music (www.electromantic.com).
Il tema di quest'album è "quando finisce un amore", nella buona tradizione pop e non progressive. E difatti si tratta di un lavoro "poppeggiante" nel suo insieme, con punte massime di ispirazione compositiva nel brano che dà il titolo all'opera ("Linea di confine", veramente bello), in "22 aprile" - che magnificamente riprende il tema iniziale - e poi ancora nella straordinaria chansonette "La caduta della mia stella", e quindi in "Amori" e "Epilogo".

  Non si può negare che i Randone abbiano un'impronta stilistica tutta loro e, anche se il lavoro della clava elettrica (Marco Crispi) è notevole, in confronto ad altri album qui la sinfonia vince sul rock. Le tastiere "vintage" di Beppe Crovella e il sintetizzatore di Nicola Randone sono pregevoli, ma il rischio, quando si hanno a disposizione così tanti mezzi e collaboratori, è quello dell'"overproduction". Difatti qua e là si avverte un effetto "Wall of Sound" à la Phil Spector, con crescendi bombastici da spaccare casse e miocardio: quasi un controsenso per dei testi dal carattere cantautoriale.
In definitiva però il CD si può tranquillamente far girare durante un viaggio in auto o nel corso di un grigio pomeriggio trascorso in casa, e non finiremmo mai di sorprenderci di quante ricche briciole ci siano da raccogliere a ogni nuovo ascolto.
La storia d'amore che va in frantumi si snoda tra citazioni musicali ed echi delle Orme e di Battiato, ma alla fin fine Randone cita se stesso - e non dobbiamo meravigliarci di sentire oggi versi come: 

"Quanti amori delicati
In pallido affetto tramutati..."
,

giacché abbiamo a che fare con la riedizione - uploaded in Sicily - dei Romantici tedeschi. Immaginatevi una recita di Novalis, il delicato poeta del "Fiore Azzurro", tra immersioni nelle onde dello Ionio ed effetti sonori degni dei Pink Floyd ma anche di Yellow Submarine!



La caduta della mia stella

Dritta nello spazio sfreccia già la stella che di te notizie porterà
Corre ad una gran velocità ma la distanza è tanta e forse morirà
Corri stella corri dritta verso questo cuore
Portami ancora un po’ della tua scura luce
Non temere il tempo che condanna le mie ore
Non fuggire il sogno di tornare per restare qui con me
Ghiaccio terra e fluorescenti gas e la tua scia che si dirige verso me
La tua luce perde intensità il tempo ha dimostrato la sua crudeltà
Stringo al petto i tuoi frammenti caldi L’aria che respiro ti ha reso pietra inerte
Sulla terra nera affondo il viso triste,   cade la mia stella a causa delle favole di un re
Di un re           che non ha più un regno,               solo nel suo castello
Di fumo e di parole
Triste                                   avvolto nel mantello            
Si ferma ad osservare il suo ricordo bello che giace in cenere
       Nera cenere

Di Linea di confine è uscita anche una "Collectors' edition" (Book + CD)



Links, store e maggiori informazioni:




....
"eri la musica della mia vita... adesso tutto è silenzio"
(Ignoto)

I Randone sono:
Nicola Randone - Lead vocal, piano, hammond, moog, mellotron, synths, acoustic guitar
Marco Crispi - Lead electric and acoustic guitar
Riccardo Cascone - Drums

Guests in Linea di confine:
Carlo Longo - Orchestral arrangements
Beppe Crovella - Vintage keyboards
Salvo (Dub) Giorgio - Bass and CBass
Giuseppe Scaravilli - Bass
Livio Rabito - Bass
Federica Davola - Female vocal
Veronica Cristaldi - Female backing vocal
Fabrizio Javoca - Male backing vocal and acoustic guitar


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Chi vuole partecipare al nuovo progetto Canzoni sulla Via? Questo il link!






18 mag 2013

Brano del giorno: "Time After Time"

... di Chet Baker



Flugelhorn, Vocal: Chet Baker
Alto Sax, Flute: Jacques Pelzer
Piano: Rene Urtreger
Bass: Luigi Trussardi
Drums: Franco Manzecchi


Sublime. Ma ci sono anche amanti del jazz che non gradiscono Chet Baker ritenendolo troppo "smooth", smussato; cool al limite del pop. Troppo "bianco", dunque. Diciamo che è questione di momenti e stati d'animo. Io ripeto: "sublime". Aggettivo che vale sia per la voce sia per come soffiava la tromba (una brezza gentile!). 
Purtroppo Chet divenne celebre anche per il suo consumo industriale di droghe. La quantità sorprendente di album pubblicati si spiega anche con il suo bisogno continuo di pagare gli spacciatori. Morì da junkie, precipitando da una finestra di un albergo di Amsterdam...





Alcuni hanno pianto e ancora piangono ascoltando i suoi brani. Ad esempio questo:




14 mag 2013

Brano del giorno: "You Got Lucky"

... di Tom Petty & The Heartbreakers

(video originale di "You Got Lucky")



Tom Petty: formidabile cantautore di sangue indiano che, insieme ai suoi Heartbreakers, ha sfornato una caterva di album geniali (Into the Great Wide Open rimane a tutt'oggi il mio preferito) e che è in gran parte responsabile dell'idea di mettere insieme artisti del rango di Bob Dylan, George Harrison, Jeff Lynne e Roy Orbison per formare insieme a loro i Traveling Wilburys, formazione entrata nella leggenda del rock. 

Nato e cresciuto nel nord della Florida, Tom Petty abbandonò la scuola a 17 anni per unirsi al gruppo Mudcrutch, in cui suonavano il chitarrista  Mike Campbell e il tastierista Benmont Tench. Nel 1970 i Mudcrutch si trasferirono a Los Angeles nella speranza di ottenere un contratto, ma finirono per sciogliersi. Tom Petty, che aveva firmato per la Shelter Records, si esibì con diverse bands prima di riunirsi con Campbell e Tench (1975). In quel periodo i due vecchi compagni stavano lavorando insieme al bassista Ron Blair e al drummer Stan Lynch sotto il nome "Heartbreakers". La Shelter accettò generosamente di "incorporarli" a Petty e da qui nacque il gruppo Tom Petty & the Heartbreakers (1976).
                     

Il loro era un rock'n'roll a tratti gentile pur se di fattura garage e con testi dai risvolti critici. Dapprima l'America fece orecchie da mercante. In Inghilterra invece, dove il quintetto si era recato per accompagnare in tournée Nils Lofgren, l'accoglienza fu ottima: il loro debutto Tom Petty & the Heartbreakers si piazzò nella U.K. Top 30. Incoraggiata da questo successo, la loro label fece maggiore pubblicità all'LP negli U.S.A. e lanciò il single "Breakdown", che raggiunse la Top 40, mentre un'altra song, "American Girl", divenne un tormentone delle emittenti locali.
Poco dopo accadde che l'ABC, compagnia-madre della Shelter, venne comprata dalla MCA Records. Petty cercò di rinegoziare il contratto ma alla MCA le sue pretese sembrarono eccessive. La band si ritrovò allora a lavorare sotto l'egida della Backstreet Records, che faceva comunque capo allo stesso colosso MCA. L'album Damn the Torpedoes fu realizzato alla fine del 1979.

Il successo che seguì era in parte inatteso: due milioni di copie vendute, con un paio di 45 giri ("Don't Do Me Like That" e "Refugee") che scalarono vertiginosamente l'apposita classifica. Ma ecco sorgere altri problemi con la casa discografica. Secondo la MCA, l'album successivo, Hard Promises, doveva essere venduto al prezzo di 9,98 dollari (allora - correva l'anno 1981 - una cifra non indifferente). Petty puntò i piedi, minacciò di ritirare il prodotto da tutti i negozi e organizzò addirittura una protesta dei fans. La MCA dovette arrendersi, mettendo in commercio Hard Promises per 8,98 dollari. L'album stravendette (fu disco di platino) e il single "The Waiting" divenne un hit.
Nello stesso anno Tom Petty produsse Drop Down and Get Me, che sanciva il ritorno di Del Shannon, mai obliata icona del rock'n'roll. Inoltre compose "Stop Draggin' My Heart Around", che cantò in duetto con Stevie Nicks, ex cantante dei Fleetwood Mac. La canzone si trova nell'album della Nicks Bella Donna, registrato con il supporto degli Heartbreakers.

               

Per il successivo Southern Accents, Petty & Co. impiegarono ben tre anni, tre anni non solo di lavoro ma anche di ripensamenti e rabbie assortite. Avevano ingaggiato come produttore Dave Stewart degli Eurythmics allo scopo di esplorare nuovi territori musicali o, meglio, per allargare i propri orizzonti sonori. Southern Accents contiene brani soul, psichedelici e new wave, ma (o forse proprio per questo) non riesce a risultare di facile ascolto. Nonostante ciò, grazie anche al successo del single "Don't Come Around Here No More", fu insignita del disco di platino. Con buona pace di Tom Petty che un giorno, riascoltando i nastri con gli arrangiamenti, per la scontentezza mollò un pugno a una parete fratturandosi la mano.
Ed ecco il 1986: l'anno della stretta collaborazione con il grande Bob Dylan. Tom Petty & the Heartbreakers ebbero il privilegio di accompagnare il menestrello di Duluth nel suo tour mondiale. Dylan ricambiò scrivendo per loro "Jammin' Me", ballata inserita in Let Me Up (I've Had Enough).
Let Me Up (I've Had Enough) non ricevette umanimi consensi; tutt'altro. Ma questo fu il minore dei mali nella vita di Tom Petty. Infatti, poco dopo l'uscita dell'album un incendio distrusse completamente la sua villa. Lui, sua moglie e le loro due figlie riuscirono a salvarsi con parecchia fortuna. Ma nell'incendio il cantante perse molti dei suoi ricordi più cari.



 
Nel 1988 Petty si ritrovò a far parte dei Traveling Wilburys insieme a Bob Dylan, George Harrison, Roy Orbison e Jeff Lynne. Cinque musicisti di bravura stellare che si riunivano - apparentemente in anonimato - per suonare divertendosi... Il risultato non poteva che essere eccezionale. Difatti, Traveling Wilburys - Vol. 1 è un capolavoro a sé stante del soft rock di tutti i tempi. 
Poco dopo il cantante fece uscire il suo primo "album da solista" (in realtà vi parteciparono quasi tutti gli Heartbreakers): Full Moon Fever. Prodotto da Lynne, Full Moon Fever vinse ben tre dischi di platino e generò gli hits "I Won't Back Down", "Runnin' Down a Dream" e "Free Fallin'".
Nel 1990 fu la volta del secondo colpo di genio dei Traveling Wilburys (curiosamente chiamato Vol. 3), i quali, sebbene ora purtroppo orfani della loro "voce d'angelo" Roy Orbison, ottennero un altro successo interplanetario. Quindi, nella primavera del 1991, uscì Into the Great Wide Open, capolavoro firmato Tom Petty & the Heartbreakers e prodotto - come Full Moon Fever - da Jeff Lynne. Nuovamente disco di platino!


Dopo Greatest Hits (1993), contenente due canzoni nuove prodotte da Rick Rubin e di cui una, "Mary Jane's Last Dance", raggiunse la Top 20, Petty decise di slegarsi dalla MCA per passare alla Warner Bros. Si dice che il deal fosse già stato programmato nel 1989 e che il biondo rocker avesse incassato la cifra record di 20 milioni di dollari. 
Nel 1982 Tom Petty & the Heartbreakers pubblicarono Long After Dark, che si piazzò al terzo posto della Top Ten. Subito dopo, Ron Blair decise di abbandonare il gruppo e venne rimpiazzato da Howie Epstein, ex bassista di John Hiatt.
[Howie Epstein sarebbe morto nel 2003 per overdose. Aveva 47 anni.]



Nel 1994 anche il batterista Stan Lynch lasciò gli Heartbreakers, proprio mentre Petty stava registrando il suo secondo "solo", sempre sotto la supervisione di Rubin e sempre circondato da alcuni componenti della band. Il titolo: Wildflowers. Oltre a vincere tre dischi di platino, Wildflowers  "partorì" gli hits di successo "You Don't Know How It Feels", "You Wreck Me" e "It's Good to Be King".


Tom Petty & the Heartbreakers si "riunirono" nel 1996 per registrare la colonna sonora di She's the One (Il senso dell'amore), film del giovane regista Edward Burns. Tre anni dopo tornarono all'apice con Echo, seguito nel 2002 da The Last DJ, album infarcito di accuse all'indirizzo degli ingordi discografici (su ispirazione di Elvis Costello). Highway Companion è invece del 2006. Lo stile è sempre lo stesso: un rock naturalmente blueseggiante, a tratti hard ma alla maniera degli Stones, a tratti piacevolmente - e non baggianamente - poppeggiante.




 Nella sua ormai lunga carriera Tom Petty ha  dimostrato di volersi sempre muovere in determinati circoli e frequentare determinate persone (sempre le stesse: quelle fidate). Ma nessuno - credo - poteva prevedere la sorpresa che il cantautore ha voluto riservarci nel 2007. In quell'anno Petty decide di ricucire insieme i vecchi Mudcrutch (ovvero lui stesso, gli "Heartbreakers" Mike Campbell e Benmont Tench, e i membri originali Tom Leadon e Randall Marsh) permettendo finalmente alla vecchia band, dopo ben 30 anni (!), di debuttare con un proprio album. Mudcrutch (questo anche il titolo del disco) è musica da ascoltare e da ballare, un po' come quella degli Wilburys: "a little bit country, a little bit folk, a little bit rock and roll". Un divertimento assicurato, insomma, giacché i singoli musicisti, nel momento di registrare, non hanno pensato tanto alle vendite, quanto più a suonare in nome dei "bei tempi che furono" e della "meravigliosa amicizia che ancora è".







13 mag 2013

The VERY Best of R.E.M. (full album)






MURMUR
I R.E.M. (la sigla sta per "Rapid Eyes Movement", una fase del sonno in cui le pupille si muovono) avevano già debuttato con Chronic Town, un EP molto interessante, ma ogni cosa ebbe veramente inizio nel 1983, quando Peter Buck, Michael Stipe, Mike Mills e Bill Berry (il batterista, che lascerà la band nel 1997) registrano Murmur. L'album, caratterizzato da atmosfere cupe e misteriose, catapulta i R.E.M. nel Parnaso delle band più significative degli Anni Ottanta. I critici scambiano frasche per fiaschi e li paragonano ai Byrds, non avendo altri cassetti in cui riporre il suono innovativo del quartetto di Athens. 


Buck, Mills e Berry sono musicisti in gamba che, come i componenti di tutti i grandi gruppi della storia della musica, sanno bene armonizzare le loro spiccate individualità. La chitarra di Buck, in particolare, ha un riverbero "di campana" (o, meglio, "di glockenspiel") che - non lo si nega - ricorda le magiche proprietà della Rickenbacker a 12 corde di Roger McGuinn (attenti a non pompare il volume: pericolo di tinnitus!). 

Il titolo dell'album sembrerebbe descrivere a pennello lo stile vocalistico di Stipe, che "addolcisce" i suoi enigmatici testi con manierismi vocali da cantante pop. Gli smash-hits di Murmur sono "Radio Free Europe" e "Talk About The Passion" (da cui furono ricavati altrettanti single), ma il resto del materiale ("Pilgrimage", "Perfect Circle", "Catapult", "Shaking Through"...) è ugualmente di alto livello, e legato da un filo conduttore non solo per lo stile musicale. 

Più o meno con l'uscita di Murmur scoppiava negli States il fenomeno delle "college radio", e i R.E.M., che furono adottati da molte di quelle emittenti, furono subito collocati su uno dei versanti estremi dell'ampio spettro di stili che imperversava nell'etere rivoluzionato; sulla sponda opposta campeggiavano gli Hüsker Dü...

A distanza di 30 anni, Murmur continua a proporsi come un capolavoro della scena più creativa dell'underground marca South States, e molti addirittura sostengono che rimane il migliore lavoro della band, mai più superato.  Ascoltando il disco, saltano all'orecchio esplosivi passaggi intermediari (i "bridges"), ritornelli esplosivi, e soprattutto la voce di Stipe (la quale anch'essa assume in qualche modo la funzione di strumento), "mormorante" testi tanto belli quanto spesso incomprensibili. Notevoli anche l'orgasmatica coda di "Radio Free Europe," il bridge surreale di "West Of The Fields," la sorprendente "Conversation Fear", i cori di "9-9," la rockeggiante "We Walk" e il brillante sfumando di "Shaking Through". L'insieme contribuisce a infondere nell'ascoltatore una sottile euforia, come dopo una dose di "dope".          A MUST!



RECKONING    
Già l'anno successivo, con Reckoning (il "road record" dei R.E.M.), giunge un più vasto successo di pubblico. Reckoning è un tantino più rockeggiante dell'opera precedente; i testi parlano di amori perduti e perduti luoghi... come si addice a una band "on the road". L'album venne registrato intorno al Natale del 1983, per un totale di 16 giorni lavorativi. (Bisognava affrettarsi anche per riguardo al budget, allora invero scarso.) Il "work title" dell'album era "File Under Water", a voler sottolineare un senso di continuo fluire, una sfuggevolezza d'identità; la stessa sfuggevolezza che creava difficoltà a critici e ascoltatori ad appioppare un'etichetta alla band. (Stavolta li avrebbero paragonati ai Beatles!) Le prime tre canzoni trattano proprio - in maniera letterale - il tema del "fluire". Per esempio "So. Central Rain (I'm Sorry)", che parla delle inondazioni di cui fu succube la città di Athens, con tanto di linee telefoniche completamente fuori uso e i componenti della band - che si trovavano in tournée - impossibilitati a prendere contatto con familiari e amici. 

"(Don't Go Back To) Rockville" testimonia dell'abilità compositoria di Mike Mills. La canzone, registrata in una sola "take", originariamente era stata concepita in stile garage rock, ma all'ultimo momento fu deciso di rallentarne il ritmo e ne risultò una ballata country rock. "(Don't Go Back To) Rockville" divenne immediatamente un inno della scena underground americana. In "Pretty Persuasion", invece, un semplice giro di accordi apre la strada verso una strofa composta da armonie corali. Giusto "Rockville" e "Pretty Persuasion" sono i due poli stilistici di Reckoning: si spazia da un gentile country a un rock energico, il tutto arricchito da una poesia di immagini liquide.   
        
A MUST!



FABLES OF THE RECONSTRUCTION     

Nell''85 è il turno di Fables Of The Reconstruction (curioso ma non insensato capovolgimento di "reconstrution of the fables"), risultato artistico del periodo londinese della band. Peter Buck una volta lo definì un "misery album", ovvero "album di un'epoca di miseria"; una definizione che potrebbe essere pure tradotta con "album miserabile" (!). Più tardi comunque si rimangiò la parola:
"Fables Of The Reconstruction è un disco molto cool, come ora mi tocca riconoscere. Il fatto è che ci trovavamo in tour da 5 anni ed eravamo ancora dei morti di fame, e intendo dire proprio di quelli con le ragnatele in tasca! A Londra alloggiavamo tutti quanti in un'unica camera d'albergo, che distava un miglio dalla più vicina stazione dell'Underground e altrettanto dallo studio di registrazione. In quel periodo pioveva a catinelle: l'acqua scendeva senza requie e noi... non possedevamo nemmeno una giacca adeguata!"


Le "lyrics" di Fables Of The Reconstruction sono la prova della sempre maggiore maturità di Stipe, che qui narra - sia pure nella sua solita maniera enigmatica - di una forte nostalgia di casa, trasmettendo le tristi sensazioni che si provano nel  trovarsi in un posto estraneo. ("We can reach our destination, / but it's still a ways away": "Drive 8"). Tra le canzoni che risaltano per qualità musicale e/o poesia dei testi ricordiamo "Drive 8", "Green Grow The Rushes" e "Can't Get There From Here", quest'ultima trasmessa ripetutamente da emittenti radiofoniche nazionali e internazionali e il cui suggestivo videoclip ebbe grande successo su MTV.
Fables of the Reconstruction è sicuramente l'album più sperimentale - e comunque più cupo - dei quattro ragazzi di Athens, e alcuni critici arrivarono ad asserire: "Con quest'opera, i R.E.M. hanno oscurato la fama dei Joy Division".



LIFES RICH PAGEANT 
  
Ancora un anno e ancora un album: Lifes Rich Pageant ('86). A questo punto della loro carriera, i R.E.M. vogliono solo divertirsi, e sfornano un disco che, a melodie volutamente poppeggianti, affianca testi critici. Lo battezzano con una frase pronunciata da Peter Sellers nel film A Shot In The Dark (della serie Pink Panther), frase da loro usata quando si accorgevano che le cose si mettevano male: "Tutto questo fa parte del 'life's rich pageant' " (ovvero: del carosello della vita) dicevano ironicamente, rifacendo il verso all'Ispettore Clouseau. Era il loro modo di sdrammatizzare. Ma nessun incidente, nessun imprevisto ostacolò il lavoro in studio, per cui impiegarono appena una settimana. 

Come già detto, Lifes Rich Pageant è un'opera più diretta, più comunicativa delle precedenti, anche nei testi. L'album conferma il desiderio mai sopito dei R.E.M. di aderire a sonorità rock senza cadere nella sindrome da arrangiamenti elettronici (i famigerati "drum-delays") tipica di quel decennio. Per l'intera la durata del disco, la voce di Stipe (con l'unica eccezione di "Superman", che è cantata da Mills) si eleva nettamente sull'ordito strumentale. (Il contrario di quanto accadde in Fables Of The Reconstruction e negli altri lavori passati, dove i lead vocals erano spesso un "mormorio".) Lifes Rich Pageant è un'opera decisamente assertiva ("I Believe"), e le convinzioni politico-esistenziali del gruppo vengono fuori palesi quanto mai. 

 
Anche qui, tutti i tracks possono fungere da "ispirazione immaginifica" (chi fu ad affermare che i R.E.M. producono "music for writers"?), come dimostra la bellissima "Full On Me". "Full On Me" comincia con un accenno agli esperimenti di Galilei sulla forza di gravità terrestre ("Feathers hit the ground / before the weight can leave the air") per focalizzarsi successivamente su temi come la pioggia acida e le multinazionali "che comprano e vendono il cielo".
Ma la vera canzone-capolavoro di Lifes Rich Pageant è senz'altro "Cuyahoga", in cui un'innocua nuotata nelle acque rossastre dell'Apalachee River richiama l'associazione (macabra, ma non gratuita) dei fiumi di sangue versati dagli Indiani d'America: una carneficina che è una macchia indelebile nella storia degli United States of America. Nei versi che seguono, a tale accusa se ne sovrappone un'altra: quella che si riferisce al fiume Ohio, irrimediabilmente avvelenato dagli scarichi industriali. I versi in apertura - "Let's put our heads together, and start a new country up" - suonano come una chiamata alle armi... ed è, di certo, l'invito a una militanza attiva contro tutte le ingiustizie.               A MUST!



DEAD LETTER OFFICE    
Uscita nel 1987, questa raccolta contiene l'intero EP-debutto Chronic Town, dell' '82, insieme a quindici "facciate B" e ad altri pezzi della band meno noti o del tutto inediti, tra i quali alcune covers dei Velvet Underground.
Consigliato solo ai fans più accaniti.




DOCUMENT
Document, sempre del 1987, è una polaroid della "situazione della Nazione". Il titolo fu suggerito dallo stesso Stipe, il cui scopo più alto rimaneva - e rimane - di riuscire comprensibile a tutti, ma che oggi comunque non ha difficoltà ad ammettere di ignorare a cosa esattamente si riferiva in frasi come "tryin' to tell you something we don't know" e "there's something going on that's not quite right".
 
Perché "Document?" Presto spiegato: quell'anno i R.E.M. erano impegnati a mixare le nuove canzoni usandole come un ideale soundtrack per documentari storici e altre esperienze visuali, tipo le Olimpiadi di Berlino del 1936 e un programma televisivo che illustrava la paranoia del Senatore McCarthy (quello che intentò i famosi processi "anticomunisti"). Ma Document voleva altresì proporsi come una sorta di diario dei dieci anni trascorsi assieme dai componenti del gruppo e, parallelamente, come resoconto di quanto avveniva sul Pianeta Terra. Il risultato finale fu uno degli album più "arrabbiati" della band; e ciò nonostante che metà delle songs affrontassero apparentemente temi  disimpegnati.

Alcuni tracks:
"The One I Love", come suggerisce il titolo "convenzionalmente pop" (evento assai raro nella discografia del gruppo, così ricca di titoli "ostici"), è una storia d'amore... e di tradimento. È l'io-narrante, ovvero il cantante Michael Stipe, a tradire: nella canzone, cambia partner senza rimorso alcuno e non mostra l'intenzione di giurare fedeltà alla nuova compagna ("a simple prop to occupy my time": "qualcuno che serva da passatempo")...

"Finest Worksong" rispecchia invece "l'etica del lavoro intrinseca nella mentalità degli americani", come Stipe dichiarò in un'intervista al glorioso - e ormai deceduto - Melody Maker. Ma è altresì la parabola della fatica che deve affrontare un musicista "prof" per rimanere produttivo.
La trascinante "It's The End Of The World As We Know It (And I Feel Fine)" rappresenta un po' la "Subterranean Homesick Blues" di Michael Stipe. È una litania ossessionante di termini e luoghi comuni (similmente che nella   canzone di Dylan, per l'appunto) senza nessun altro senso che quello di rendere il caos del mondo - felice o doloroso che lo si voglia considerare.
L'ispirazione per questa song si può far risalire all'assidua frequentazione degli ambienti hipster di N.Y. (con tanto di party alternativi) da parte di Buck e Stipe: "... jellybeans, cheesecake, Lester Bangs ubriaco...". L'elenco è "speziato" con l'aggiunta di nomi di personaggi celebri quali Leonid Brezhnev, Leonard Bernstein e Lenny Bruce. "It's The End Of The World..." è, insomma, il ritratto di un pianeta sul punto di  ammattire definitivamente, come se qualcuno avesse scoperchiato il Vaso di Pandora. Sul ritornello di Stipe, Mike Mills fa da contrappunto con la frase "Time I had some time alone" ("È ora che me ne stia un po' per conto mio").



GREEN   
"I'm very scared of this world" canta Stipe sui mandolini di "You Are The Everything". Corre intanto l'anno 1988 e  i R.E.M. si sono proiettati nel firmamento del mainstream: hanno infatti firmato un contratto fantascientifico con la Warner Bros.: 80 milioni di dollari...(!) Green, che non avrebbe bisogno di presentazioni in quanto è uno dei prodotti di maggiore successo commerciale della band, vede l'alternarsi di canzoni "bombastiche" alle solite ballate dolci. Contiene tra l'altro "Stand" (uscita anche come single), in cui si ripetono, come una litania infantile, i versi: 
 
Stand in the place where you live
Now face North
Think about direction
Wonder why you haven't before...

 
"Turn You Inside Out" e "Get Up" sono i pezzi più roccheggianti di Green, mentre "You Are Everything" è  puramente acustica. Altri highlights: "Pop Song 89" e "Orange Crush".
Molti fans, riferendosi ai miliardi elargiti dalla Warner Bros., gridarono allo scandalo e "venduti!" In realtà la band continuò a seguire imperturbabile la sua linea "attivista" - come se lavorassero ancora per conto della label indipendente IRS -, con Michael Stipe impegnato più che mai sia sul fronte sociale che su quello dell'ecologia. "Orange Crush" parla dell'Agent Orange, la velenosa sostanza usata in Vietnam dall'esercito U.S.A.; "You Are The Everything" presta la  voce alla campagna antinquinamento; "Get Up" è un invito a farsi attivisti; e "Pop Song 89" è carica di sana autoironia, essendo che tratta della scalata del gruppo alla hit parade. Non c'è malaccio per dei "venduti"!
Ovviamente, qui il suono è più limpido che in tutti gli album precedenti (il potere delle major!), ma è anche alla creatività che bisogna guardare, e quella non è affatto venuta meno.
Green rocks!             A MUST!



EPONYMOUS    
Altro album-raccolta, ma di gran lunga più interessante di Dead Letter Office. Racchiude il meglio degli anni con la IRS.
 

 

OUT OF TIME                                     
Out Of Time, del '91, è stato definito da Peter Buck "uno strano, piccolo disco". Contiene svariati hits, tra i quali l'ormai leggendario "Losing My Religion". Inutile dire che è l'album marca "R.E.M." che ha fatto registrare il maggiore numero di vendite. Uno dei dischi successivi sarebbe stato battezzato "Monster", ma il loro vero "mostro" è Out Of Time!
La copertina è senza dubbio tra le più brutte di tutta la carriera della band, eppure racchiude songs sublimi, quali "Near Wild Heaven", "Low", "Shiny Happy People"... oltre naturalmente a "Losing My Religion".

"Uno strano, piccolo disco": proprio! D'accordo: è più pop che rock genuino; ma ascoltate "Texarcana"! Ascoltate "Belong" oppure "Country Feedback"!  E che ne dite di "Near Wild Heaven"? Quest'ultima è forse più bella di "Losing My Religion" (la quale, come i R.E.M. hanno poi confessato, inizialmente non era neppure stata scelta come single!)... "Near Wild Heaven" ci offre splendide armonie vocali, con il lavoro percussionistico di Bill Berry che penetra fin nella spina dorsale... D'altro canto, "Radio Song" è giusto quel che si perita di essere: una canzonetta adatta alle stazioni FM per i gusti easy. Ma quante ne sentite di canzonette così piacevoli, alla vostra radio?
No, Out Of Time non è un album perfetto come Automatic For The People, ma non si tratta neanche di "uno strano, piccolo disco". È, piuttosto, un meritevole saluto di benvenuto agli Anni Novanta ancora freschi di rugiada.   
                            A MUST!

AUTOMATIC FOR THE PEOPLE        
Automatic For The People ('92) è una raccolta di canzoni tutte bellissime, senza eccezioni: "The Sidewinder Sleeps Tonite" (in cui c'è il richiamo a "The Lion Sleeps Tonight"), "Everybody Hurts" (chi non ricorda il suggestivo video girato per questa song? È quello in cui Stipe & Co. escono da un'automobile bloccata nel traffico e si mettono a camminare sui cofani e sui tettucci delle vetture ferme), "Nightswimmer", "Man On The Moon" (eseguita a ogni concerto)... per non scordarci di "Daysleeper", storia di un uomo costretto a lavorare di notte e a dormire di giorno, e che si vede così sconvolgere il suo bioritmo. 
Una noticina a proposito del titolo: "Automatic for the people" è uno slogan inventato dal ristorante di Athens Weaver D's, che in questo modo, grazie ai R.E.M., assurse ai fasti di un'inattesa popolarità.
Da molte riviste specializzate fu votato "miglior album pop/rock degli Anni Novanta".         A MUST!



MONSTER   
Ehi! Questi quattro tipi della Georgia, nel profondo Sud degli U.S.A., sanno bene come si "rocka"!
Monster
(1994) vede i R.E.M. abbandonarsi al gioco (coatto, per ragioni contrattuali) di Doctor Jeckyll e Mister Hyde. Trasmutazioni psichiche e fisiche in seguito - probabilmente - a stress da tournée; o a terremoti emozionali causati da avvenimenti luttuosi nella loro sfera personale. Coerentemente al momento "alienante", il sound è quello tipico dell'hard rock. È quindi l'opera più "dura" mai sfornata dalla band.


Monster contiene l'irresistibile "What's The Frequency, Kenneth?", che secondo una delle tante  interpretazioni è dedicata a un DJ radiofonico picchiato a sangue da alcuni sconosciuti; uno di questi sconosciuti, a ogni colpo inferto, ripeteva: "Allora, Kenneth, di' adesso qual è la frequenza!" Ma alla song sono stati dati anche altri significati.

Inoltre:
"Let Me In": omaggio riverenziale - e fraterno - all'appena deceduto Kurt Cobain; con la chitarra di Buck stupendamente distorta.
"Crush With Eyeliner", "Bang And Blame", "I Took Your Name" e specialmente "Star 69" e "Circus Envy" sono suonate con gli amplificatori al massimo, risultando dunque tra le canzoni più "energiche" dell'intero catalogo dei R.E.M.
Ma anche i pezzi "lenti" ("I Don't Sleep, I Dream", "Strange Currencies", "Tongue", "Let Me In") sono intrisi di un'urgenza emotiva che solletica i nervi sensori del consumatore.

L'unica obiezione che posso muovere è che nella seconda parte dell'album Stipe sembra divenire più etereo, meno "presente". Forse il motivo deve ricercarsi nella scomparsa del suo amico intimo River Phoenix. Una nota all'interno della copertina dice che il disco è dedicato proprio allo sfortunato attore.

NEW ADVENTURES IN HI-FI   
New Adventures In Hi-Fi, del '96, è l'album preferito di Michael Stipe. Forse anche perché è tra quelli che costarono meno fatica per essere realizzato. La maggior parte delle canzoni furono registrate "on tour", e dunque in condizioni semicaotiche; molte di esse addirittura durante il soundcheck che precedeva le esibizioni della band. Da qui, la loro indubbia spontaneità. Non proprio entusiasmante comunque gli incassi ricavati...
Highlights:
"E-Bow The Letter", una delle canzoni più interessanti in assoluto dei R.E.M., con Peter Buck come ideale gregario  e Patti Smith - musa ispiratrice di Stipe - a fornire il background canoro. "E-Bow The Letter" ha uno dei testi più suggestivi - quanto bizzarri - del repertorio di Stipe:

I don't want to disappoint you,
I'm not here to anoint you,
I would lick your feet,
but is that the sickest move...

 
L'album raggiunge la vetta con "Leave", canzone epica della durata di 7 minuti. 
 
Altre songs:
"Low Desert," "Binky The Doormat" e "So Fast So Numb"
: pezzi dal sapore fortemente "on the road" che richiamano reminiscenze di Dylan e dei Rolling Stones. "How The West Was Won...", che ci immerge - come "E-Bow The Letter" - in un'atmosfera dark, fa capire quale grado di saggezza e maturità abbia raggiunto la band. "Electrolite" (il track conclusivo) lascia una porta aperta verso nuove esperienze creative ed esistenziali, con il suo invito alla semplicità e alla chiarezza di mente: "I'm not scared - I'm outta here".


 

UP   
Copertina orribile, album non meno discutibile. Up ('98) è un'opera a suo modo coraggiosa che abbraccia diversi generi, dal folk acustico all'elettronica. E proprio qui sta il cruccio: nell'elettronica... non sembra a volte di udire l'eco di Enya? O le musiche da film di John Barry? Ma i gusti son gusti... C'è addirittura chi trova Up un album ben riuscito... Intanto, però, l'unica vera song riconducibile ai livelli "comuni" dei R.E.M. è "Lotus", che, guarda caso, è pure l'unico pezzo realmente rock.

Up
è il primo lavoro dei R.E.M. senza Bill Berry. Contrari a voler sostituire l'amico batterista, il gruppo usò per quasi tutti i tracks una "drum machine". Purtroppo per loro, il disco fu pubblicato in un frangente poco propizio, ovvero mentre in America imperversava il butt rock, ossia l'heavy metal più monodimensionale che si possa immaginare. Come il precedente - ma ben più meritevole - New Adventures in Hi-Fi
, anche Up, dunque, non fece andare in tilt i registratori di cassa. Tranne che in Europa. Nel Vecchio Continente, infatti, la band conta ormai più aficionados che in patria...
Come c'era da attendersi, l'assenza di Bill Berry si è fatta sentire, eccome! Riusciranno i nostri (ridotti a "un cane a tre zampe") a risolvere il gravoso problema?


 

REVEAL   
Sìiiii! Il Nuovo Millennio comincia ottimamente. Reveal (2001) è, qualitativamente, senz'altro all'altezza di Automatic For The People, pur se imbottito di idee musicali simili a quelle che caratterizzano Up. Eppure, gli ingranaggi sono  tornati a funzionare.

"Se il nostro ultimo album era Marte, Reveal è Nettuno."
                            (Michael Stipe)

 
"All The Way To Reno" e "Summer Turns To High" (melodico tributo a Brian Wilson, così come lo è, in maniera più palese, "Beachball") valgono già da sole il prezzo dell'intero disco. Anche "Disappear", "Beat A Drum" e "Imitation Of Life" sono splendidi tracks, sebbene somiglino a imitazioni di trascorsi successi (ma forse è proprio per questo che riescono a piacere?). Sopra a tutti bisogna comunque porre "I've Been High", "Chorus And The Ring" e "I'll Take The Rain" (forse la più bella "sad song" dei R.E.M.), ballate dal ritmo tranquillo che trasudano forte emotività.
               

I used to think, birds take wing, 
they sing through life,
so why can't we?

                  (Da: "I'll Take The Rain")
                                                                              A MUST!


Nel 2002 i R.E.M. si aggregano al fitto coro antibellico offrendo sul loro sito WEB la canzone "Final Straw", "free to download".

"Final Straw", esplicita condanna del conflitto in Irak, recita: "Now I don't believe and I never did / That two wrongs make a right / If the world were filled with the likes of you / Then I'm putting up a fight... / Then I raise my voice up higher / And I look you in the eye / And I offer love with one condition / With convinction, tell me why."
Parole acide a Bush e alla sua politica. Con ciò, il gruppo si riallaccia direttamente alla rabbia che aveva espressa nella metà degli Anni Ottanta in Lifes Rich Pageant e in Document, due album che denunciavano i giochi paranoici del potere ("Exhuming McCarthy"), l'ingordigia ("Hyena"), l'imperialismo stelle-e-strisce ("Welcome To The Occupation"; "Flowers Of Guatemala"), l'inquinamento ("Cuyahoga")... Erano i giorni in cui Stipe cantava, in "These Days" (nell'album Lifes Rich Pageant): "We are young despite the years / We are hope despite the times..."
Dall'era Reagen a Bush junior, ben poco è mutato
intorno alla band di Athens, Georgia. 

                                                

Fino al 2011, anno del loro scioglimento ufficiale, i R.E.M. rimangono un trio, fedeli alla loro volontà di non rimpiazzare Bill Berry; ma ovviamente si avvalgono di talentuosi support musicians, sia nei concerti che durante le session in studio. Malgrado il crescente proliferare di gruppi interessanti (Radiohead, Coldplay, Traves, Turin Brakes, Arab Straps, ecc.), Stipe & Co. riescono a mantenere una propria identità - o, più esattamente, uno stile ben definito. Stile che, a conti fatti, si basa sulla personalità del loro lead singer e "poeta" (Stipe, appunto).
Fin dall'inizio Stipe scrive testi che, impreziositi di termini colti, metafore ardite e riferimenti a fatti e persone reali
, possono considerarsi delle piccole composizioni letterarie. Soprattutto i versi ermetici dei primi lavori della band hanno richiesto e richiedono un intenso lavoro di ricerca - ed interpretativo - da parte di biografi e di fans... E quanto, non può essere inteso subito, viene poi spiegato da Buck, Stipe e Mills nelle loro tante interviste. Che sono sempre piacevoli e istruttive.
...A meno che uno non la pensi come
Elvis Costello, il quale arrivò ad affermare: "Ammiravo Stipe molto di più quando i suoi testi rimanevano per me degli indovinelli. Poi si mise a rivelarne il significato, ed essi hanno smarrito per me il loro fascino"...

                                       




            Hanno detto di loro

"In certi momenti non si può fare a meno di pensare che a questo mondo non ci rimane più alcun amico, nessunissimo alleato. Ma poi scopriamo che esistono ancora i R.E.M.... Questi ragazzi di Athens, Georgia, non smetteranno mai, per nostra fortuna, di esprimere continuamente la loro opinione." (Bill Bragg)

"I R.E.M. mi piacciono perché sono affidabili al massimo, non mentono mai e sono meritevoli di fiducia." (Mark Eitzel)

"È ammirevole la maniera in cui i R.E.M. si confrontano con la propria popolarità: sono come santi..." (Kurt Cobain)

"Una volta per tutte: noi non useremo mai le nostre canzoni per uno spot pubblicitario! Basta, chiuso, finito. Abbiamo ricevuto delle offerte considerevoli per questa o quell'altra song, ma abbiamo un conto in banca abbastanza congruo,  quindi a che pro' venderle? Sarebbe ingiusto mettere a repentaglio l'integrità della band." (Mike Mills, 1996)