29 giu 2015

Brano del giorno: "Libera il tempo"

Stefano Zeni e Corimé




Ragazzi, signore e signori: benvenuti nel mondo del violinista Stefano Zeni!
Featuring: i Corimè, Antonio D'Alessandro et altri ancora.

Ho visto il bravo polinstrumentalista Stefano Zeni suonare il violino in un concerto presso il Lago di Garda e da allora ne seguo tutti i "movimenti". L'attività dello straordinario musicista milanese, ma trapiantato a Brescia, è varia e interessante, come chiunque può accertarsi visitando la sua homepage.

Mi ha colpito tra l'altro la sua partecipazione al gruppo Corimè. Ma che Zeni si esibisca da solo, o in duo per ripresentare le canzoni di De Andrè a una sagra regionale, oppure che si adoperi per testare un nuovo violino elettrico squisitamente italiano, di sicuro una cosa principalmente salta all'occhio: la sua professionalità - a tratti giocosa, a tratti assorta, e sempre sincera.

Nella seguente canzone dei Corimè, "Fino all'ultima stella" - live -, Zeni suona il mandolino.





2011. Stefano Zeni presenta il suo CD d'esordio: Passaggi circolari.





I Corimè (essenzialmente sono i due fratelli siciliani Giannone + friends)
yvp music (la label del jazz europeo; l'etichetta che ha creduto in Zeni) 

Molto interessante è la collaborazione tra Zeni e il chitarrista Antonio D'Alessandro (duo capRiccio). Nel video entrambi in: "La muerte del angel". Atmosfere impressionistiche, con la classica che tende la mano al jazz in un discorrere colto e ricco di colorature.



Antonio D'Alessandro ("Chitarra d'Oro" 2014)

Una recensione di La Scelta, ultimo CD dei Corimè
Un altro articolo su La Scelta, album dove suona anche Zeni

Stefano Zeni al "Villaggio musicale" (bio ed eventi)


28 giu 2015

Il cinquantenario di 'A Love Supreme'

Buon jazz a tutti!
Eh sì, perché oggi è domenica e, come spesso accade, è jazz day per Topolàin!

Mezzo secolo fa usciva A Love Supreme, capolavoro della formazione costituita da "Trane" (sassofono tenore), McCoy Tyner (piano), Jimmy Garrison (basso) ed Elvin Jones (batteria). 


John Coltrane, che morì a soli 40 anni con il fegato spappolato dall'alcool e dall'eroina, incanta con la sua immortale estetica dei suoni.  Plays the Blues (1960, ma pubblicato nel 1962) e l'album sunnominato (uscito nel 1965) sono lavori che, una volta sentiti, non si riesce a mettere in disparte. E' il Coltrane della definitiva consacrazione da parte del pubblico e della critica, prima della sua ennesima rinascita sotto spoglie "new age" con Ascension e Interstellar Space (ma quello della "new age" è un vestito che gli hanno messo addosso altri).
 
 

Il disco A Love Supreme fu quello che rivoluzionò ogni cosa. Prima non c'era stato nulla del genere. Coltrane ruppe con la tradizione del jazz e spianò la strada del rock...
(Da un articolo della rivista tedesca Eclipsed)




Coltrane: una persona molto bella, dentro e fuori. Venuto dopo l'era del be-bop - uno stile dai tempi e dalla tecnica "proibitivi" -, e dunque dopo Dizzy Gillepsie e Charlie Parker, strumentisti strabilianti capaci di suonare a velocità mozzafiato e con forza inaudita.

Il be-bop non era una musica per tutte le orecchie; eppure, come quella di
Benny Goodman (sonorità "eccitanti e divertenti" che aiutarono un'intera generazione a dimenticare i tempi bui della crisi), fu ben presto assimilata da una èlite di "hipsters" e di amanti della musica "colta" e, contro tutte le previsioni, trovò un suo spazio di mercato. Un idolo avevano in comune Parker e Coltrane: Lester Young. Ma Coltrane era influenzato anche dai ritmi africani e asiatici e, quando lasciò il gruppo di Miles Davis (o ne fu licenziato), diede vita alla propria band: The John Coltrane Quartet, che dal 1961 al 1965 polarizzò l'attenzione generale con registrazioni come - appunto - Coltrane Plays the Blues e A Love Supreme.

    


Il primo è una rilettura del blues in senso modale o orizzontale. Qui, oltre al sax tenore, "Trane" suona anche l'alto, che presto però metterà da parte anche perché, secondo lui, Charlie Parker aveva già tratto da quello strumento tutto il possibile.

L'altro è trenta minuti di esaltazione e rabbia, di preghiera cristiana e delirio superumano, e giustamente ritenuto una delle opere più importanti della musica moderna (al di là di ogni categorizzazione). Il cool-jazz di marca lesteryounghiana trova la sua compiutezza negli approdi della continua ricerca di Coltrane, nella dolce ribellione dell'"allievo" John: un uomo privo di cinismo. Persino nella sua rabbia si avverte l'infinita dolcezza...

In
Coltrane Plays the Blues troviamo Steve Davis al basso, in A Love Supreme il suo sostituto Jimmy Garrison. Il resto del quartetto è, in entrambe le registrazioni, quello della formazione "storica", con Coltrane al tenorsassofono (in qualche pezzo di Plays the Blues soffia anche l'alto, come abbiamo visto), McToy Tyner ai tasti bianchi e neri e Elvin Jones alla batteria.

Coltrane Plays the Blues
comincia con il leggero swing pianistico di McToy, che apre la strada a un "Trane" a fronte finalmente serena dopo anni di deboscia: è il "Blues To Elvin", saluto e omaggio all'amico Elvin Jones (che è lì ad agitare i drum sticks). Questo pezzo d'apertura ci fa capire che stiamo per imbarcarci per un viaggio travolgente pur se - fortunatamente - atraumatico. Uno non può fare a meno di abbandonarsi alla perfetta levità con cui Coltrane supera l'esame blues. I sei titoli sono interpretati in sei diversi modi: in maniera soffice, con energia, con molta poesia... Innamorato dei contrasti, John Coltrane imbastisce su semplici frasi melodiche delle complesse improvvisazioni, per tornare poi a una linearità formale ma impreziosita da contrappunti che sono simili a gemme seminate su uno spartito invisibile (perfetta l'intesa tra McToy e Jones). E' un album che dovrebbe piacere anche a chi non è avvezzo al jazz, avantguardistico o meno.

La stessa cosa si può dire di
A Love Supreme.

Una volta che hai la tecnica nel sangue, puoi far liberamente parlare il cuore. E' un'impresa che riesce a John Coltrane in questo che è il suo output commercialmente (e non solo) più felice. Qui c'è tutto "Trane": la commistione di jazz con discipline come poesia, filosofia, sociologia e religione (quest'ultima intesa come puro slancio mistico e non come fredda scienza dottrinale).

Nel jazz - soprattutto in quello "free" - l'inventiva melodica non è un "must" (chi ha ascoltato un qualsiasi disco di
Yusuf Lateef sa quel che intendo), ma a Coltrane, che aveva già "rilavorato" tanti celebri classici americani (p. es. "My Favorite Things"), riesce naturale creare nuovi temi. In A Love Supreme si apre una porta verso il futuro, ma il cordone ombelicale non viene reciso. I veri Grandi esplorano nuovi territori senza mai distanziarsi dalla tradizione. (Fu il caso anche di Charlie Mingus e di Ornette Coleman.)
Sembra quasi impossibile che a "Trane" rimarranno appena due anni per assaporare il plauso venutogli con A Love Supreme. E ancora più arduo è pensare che fino all'ultimo non smise affatto con la "récherche"; anzi... Ascension e Interstellar Space (suo ultissimo album) sono due prodotti esemplari di free jazz; o forse un mix di musica atonale à la Darius Milhaud e di rock spaziale à la Sun Ra.



Il capitolo "Alabama"

Il 15 settembre 1963 a Birmingham, Alabama, un membro del Ku Klux Klan noto come "Dynamite Bob" depose dell'esplosivo dentro una chiesa frequentata da gente di colore. La detonazione uccise quattro ragazze (una di undici anni, tre di quattordici) e ferì molte altre persone. John Coltrane reagì componendo "Alabama", un pezzo che registrò il 18 novembre, due mesi dopo la terribile tragedia.


Le immagini che seguono sono tratte dal programma televisivo Jazz Casual, andato in onda il 1° novembre 1963. Si tratta possibilmente della prima esecuzione pubblica del toccante brano.
The John Coltrane Quartet: John Coltrane, McCoy Tyner, Jimmy Garrison, Elvin Jones.




Per tutti gli Anni Cinquanta Coltrane aveva inutilmente tentato di uscire dall'ombra di Sonny Rollins, un "collega-rivale" di quattro anni più giovane. Solo quando Rollins nel 1958 decise di ritirarsi, rimanendo lontano dalla scena musicale per diversi anni, a John Coltrane riuscì di profilarsi nel gruppo di Miles Davis come tenore-sassofonista.  
Kind of Blue (1959) aveva reso il jazz modale alquanto popolare. Coltrane sviluppò il concetto, che consisteva non più nel produrre una serie di accordi, ma di esprimersi con scale simili a quelle della musica indiana o della musica medievale. Aveva covato da tempo l'idea di suonare questa particolare suite che rappresenta una preghiera, ma solo nel dicembre 1964 riuscì a registrarla, grazie all'appoggio di musicisti d'eccezione con i quali riusciva a capirsi benissimo e sotto l'influenza del celebre discorso di Martin Luther King "I Have A Dream".




A Love Supreme sembra per lunghi tratti come una realizzazione musicale di quel discorso, che, anch'esso, è strutturato a mò di preghiera. Inoltre "Trane" voleva rielaborare in qualche modo il dolore per la scomparsa dell'amico Eric Dolphy, la cui morte gli aveva causato un vero shock, e la musica gli venne in soccorso.
Il giorno dopo la session originale in studio di registrazione, Coltrane suonò alcuni brani aggiuntivi con Archie Shepp (anche lui al sassofono tenore) e con il bassista Art Davis, ma queste tracce non vennero inserite nel disco e vennero alla luce solo nel 2002.



Che c'entra un'opera di jazz con il rock, chiedete voi? Presto detto: se si pensa che A Love Supreme funziona come un raga indiano, è facile arguire che quel disco era fortemente compatibile con l'estetica hippie. Da A Love Supreme a "Desolation Row" di Bob Dylan o alla musica di Jimi Hendrix e dei Grateful Dead (non estranea all'improvvisazione modale), il passo è breve. Occorre considerare inoltre che Carlos Santana e gli Allman Brothers (tra gli altri) sono stati esplicitamente ispirati da Coltrane.







14 giu 2015

Brano del giorno: "Sunday Blues"

... dei Lazy




Sono diverse le canzoni che hanno come tema la domenica. Qui alcune tra le più note:














11 giu 2015

Brano del giorno: "Shaman's Dream"

... dei 3rd Ear Experience

(dall'album Incredible Good Fortune)


Il celebre chant "Heya heya heya heya heya..." inizia dal minuto 2.
Buon trip a tutti!

8 giu 2015