Da dove viene il nome? Dall'inglese to wobble (tremolare, traballante), wobbler (indeciso, insicuro).
I norvegesi si sono messi insieme nel 1999 con il proposito di ricreare le atmosfere del progressive rock Anni 70. Oltre ai King Crimson e ai Gentle Giant, tra i loro gruppi preferiti c'è la Premiata Forneria Marconi (semplicemente "PFM" al di fuori dei confini italiani), e si sente! Che il prog italiano sia un faro per molti gruppi odierni è ormai un segreto di Pulcinella. La creatività di tanti nostri complessi (anche il Museo Rosenbach è tra le influenze degli Wobbler) è, tuttora, un bene di esportazione italiano non indifferente; e sembra voler crescere esponenzialmente col tempo, man mano che il progressive torna sempre più in auge.
Se vogliamo parlare di indirizzi musicali, Wobbler (meglio lasciar via l'articolo!) si muovono più in direzione symphonic rock, differenziandosi dunque da quei gruppi vichinghi che - anche per motivi commerciali - si dedicano ai suoni più duri e quindi al metal prog (tipo Meshuggah, Opeth...).
Ecco il brano di apertura dall'ultimo album (From Silence To Somewhere):
Negli inserti "bucolici", innegabili i richiami agli Yes e ai Genesis, oltre che al folkrock marca Gryphon e dintorni.
La discografia wobbleriana si riassume in quattro album:
Hinterland (2005)
Afterglow (2009)
Rites at Dawn (2011)
From Silence to Somewhere (2017)
Nonostante la stringatezza della loro produzione, il quintetto norvegese è assurto ai fasti di una popolarità senz'altro meritata, tanto che a Roma, il 23 e 24 marzo 2018, ci sarà un contest di due giorni che vedrà i Wobbler sul palco del Defrag insieme ai Jordsio e a tre band italiane (scelte - da una lista di 20 candidati - da una giuria e dai voti di preferenza espressi sul web).
Wobbler in Rome (Facebook)
Fin da Hinterland (loro primo album), nella musica di Wobbler troviamo spesso il flauto, il clavicembalo... oltre che le immancabili tastiere elettroniche.