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1 nov 2023

Il Segno del Comando - 'Il Domenicano Bianco'

 Il dark prog - visionario e lisergico - de Il Segno Del Comando

 

Ascoltalo su Spotify


La storia de Il Segno Del Comando l'avevamo scritta fino al 2018. 

Puoi leggerla qui [clicca!].

Ma il loro è un romanzo, ormai, e occorrerebbe dunque espandere la narrazione su centinaia di pagine. Noi vogliamo riassumere, in breve, il cammino straordinario di questo gruppo di Genova, capitanato da Diego Banchero.



Nato appunto nella Città della Lanterna nel 1995 come progetto da studio, Il Segno Del Comando realizza il primo LP l'anno successivo per la Black Widow Records. Il disco ruota attorno al famoso romanzo di Giuseppe D’Agata Il Segno del Comando, dal quale è tratto lo sceneggiato che ha dato il via alla lunga serie di produzioni, dedicate al mistero, prodotte della RAI negli Anni Settanta. (Che tempi mitici!)



Goblin, Jacula e Il Balletto di Bronzo sono alcune delle band che fanno da madrine allo stile jazz-rock-prog-dark-soundtrack del nuovo gruppo. 

Il secondo full lenght, Der Golem, esce nel 2001 sempre per BWR (l'etichetta di Massimo Gasperini). A differenza del predecessore, questo lavoro è caratterizzato per lo più dal recupero di sonorità e stilemi di costruzione melodica tipici della tradizione Mitteleuropea che vengono riutilizzati e coniugati ad un approccio squisitamente sperimentale. Stavolta l'ispirazione testuale la dà un libro di Gustav Meyrink: Der Golem, appunto.

[Meyrink: autore di romanzi gotici, horror e dintorni, non privi di significati reconditi collegati anche alla realtà del suo tempo.]

Essendo un gruppo che arruola da sempre musicisti coinvolti stabilmente in altri progetti, Il Segno Del Comando resta inattivo fino al 2010 (malgrado non manchino idee e materiale per concretizzare nuovi lavori), anno in cui, per volontà della Black Widow e di Diego Banchero, torna a registrare con un ulteriore e importante cambiamento di formazione (lo stesso Banchero si trova a gestirne da solo la leadership). La band partecipa a un tribute album dedicato ai Pierrot Lunaire, che viene pubblicato dalla vicentina MP Records. Subito dopo, i musicisti rifiniscono il loro prossimo LP.

È un concept che trae ispirazione dal romanzo Il Volto Verde di Gustav Meyrink, uno dei punti cardine del testamento esoterico dello scrittore austriaco.

Nel maggio 2017 Il Segno Del Comando realizza un CD autoprodotto in edizione limitata (100 copie): ...AL PASSATO, AL PRESENTE, AL FUTURO... LIVE IN STUDIO. [Disponibile su Bandcamp.]

Esce poi, nel novembre 2018, L'Incanto dello Zero. (Leggi tutto, fin nei particolari, nel nostro articolo del 2020.)

Dal 2020 a oggi la formazione si esibisce dal vivo in più occasioni: al 'Black Water's Prog Nights Fest' (Boffalora) con artisti del calibro di Jumbo, Aldo Tagliapietra (Le Orme), Martin Barre (Jetro Tull). Quindi aprendo la data genovese del 5 febbraio 2020 del Banco del Mutuo Soccorso al teatro Politeama. Partecipando poi a luglio al 'Porto Antico Progfest' assieme a Jus Primae Noctis e al Balletto di Bronzo. Suonando in Olanda, nel prestigioso locale prog 't-Blok', nell'ottobre 2022. Ed eccoci finalmente all'album attuale - uscito ufficialmente il 1° settembre per Nadir Music; la distribuzione fisica è stata affidata a Black Widow Records mentre quella digitale è gestita da Believe. 

Il Domenicano Bianco è un concept basato sul romanzo Der Weisse Dominikaner di Meyrink. 

L'opera, dunque, completa la trilogia "meyrinkiana", dopo i due precedenti lavori dedicati ad altrettanti libri dello stesso autore (Der Golem, 2002, e Il Volto Verde, 2013). 

È il sesto album ufficiale della band, che ha presentato quest'ultima sua fatica durante il festival '2 Days Prog + 1' di Revislate (Veruno), partecipando a un’edizione ricca di nomi prestigiosi (Ozric Tentacles, Unitopia, Big Big Train, Pain of Salvation, ecc.).



Il Domenicano Bianco è stato pubblicato in tre versioni differenti: CD, Vinile e Limited Edition Boxset




Il Segno del Comando is [line-up attuale]


Diego Banchero: bass 

Davide Bruzzi: guitars, keyboards 

Roberto Lucanato: guitars 

Riccardo Morello: lead and backing vocals 

Beppi Menozzi: keyboards 

Fernando Cherchi: drums 


[Tranne Menozzi, importante new entry, erano tutti già presenti fin da Il Volto Verde. (Ma quello di Menozzi è al contempo un come-back, avendo il tastierista fatto parte della band per L'Incanto dello Zero.)]


Recorded, mixed and mastered at Nadir Music – Genova 

Sound Engineering, mixing, mastering and executive production: Tommy Talamanca 

Lyrics: Diego Banchero 

Music: Diego Banchero, except “La Testa di Medusa” by Beppi Menozzi 


Arrangements: Davide Bruzzi and Il Segno del Comando 

Concept: Cristian Raimondi, Paolo Puppo and Diego Banchero 

Esoteric Research Director: Cristian Raimondi

Digital painting: Paolo Puppo 

Artwork: Paolo Puppo 

Photos: Danilo Olivieri, Giorgio Allemanni, Maria Teresa Pace 

Artistic Direction: Diego Banchero 

Production: Il Segno del Comando, Paolo Puppo, Cristian Raimondi 


Inspired by the novel Il Domenicano Bianco (Gustav Meyrink) 

 

L'album su Youtube 




Sinfonia dell'inquietitudine, marcia di spettri oppressi e opprimenti, chitarre hard, metal, mai didascaliche e che servono da ordigni liberatori. La melodia gobliniana che fa da anticipatrice alla migliore cavalcata rock. L'organo da chiesa a evocare le segrete di monasteri, di case antiche, e ancora le straordinarie chitarre, insieme alle tastiere sapienti. 

Musica varia e mai scevra di tensione. E un testo meraviglioso, goth, oscuro e con riverberi di poesia psichedelica. 


   Side A 

Il Libro Color Cinabro (3’37’’) 

La Bianca Strada (8’33’’) 

Il Domenicano Bianco (7’18’’) 

Ofelia (5’39’’) 


   Side B 

La Testa di Medusa (1’56’’) 

Il Dissolvimento del Corpo con la Spada (9’06’’)

Missa Nigra 2021 (8’18’’) 

Solitudine (2’49’’)

 

***

 

                 Il Domenicano Bianco’s Lyrics 


   Side A 


Il Libro Color Cinabro (M: Diego Banchero) 



                    La Bianca Strada (L & M: Diego Banchero) 

Solo quando il terrore domina l’impero dei sensi l’uomo è spinto a cercare 

Quegli aspetti del proprio essere negli occhi dei quali egli non riesce a guardare 

Se l’esitare rende inerti i tuoi simili peregrinare è tra le tue attitudini 

Corri e accendi i lampioni fino a che di sua volontà il sole risorgerà 

Ogni cosa che accade non è mai priva di un preciso senso nel tuo cammino 

E’ l’infinito il giaciglio dell’eternità l’ego tuo immortale l’animale sottometter saprà 

Lungo la bianca strada scoprirai gemme destinate a chi nel camminare 

Tutta la sua attenzione dedica per il gusto di un indefinito viaggiare 

Per nuove mete volerai senza ostacoli senza curarti degli attuali tuoi limiti 

Senza più alcun bisogno di un maestro tangibile accogli l’arte da una bocca invisibile 



                    Il Domenicano Bianco (L & M: Diego Banchero) 

Rintocchi stonati che come dardi di balestra caricata ad agonia, la mia 

Mi centrano mentre l’ipnosi indotta dalla nebbia sui miei sensi gioca di, malìa 

Chi nel torpore indugerà certo non coglierà 

Il caldo soffio incorporale dell’immortalità 

La sua visione non dà timore ma grande soavità

Splende il suo candido saio dimora di pura santità

La nostra speranza è che il viandante senza tempo in viaggio verso l’aurea via, l’Elia 

Recida gli anelli delle catene primordiali giogo dell’umanità, viltà 

Egli è il giardino e gli alberi noi che prosperano in lui 

Pietosa guida che svelerà l’eterna verità 

La sua visione non dà timore ma grande soavità

Splende il suo candido saio dimora di pura santità

La sua visione non dà timore ma grande soavità

Splende il suo candido saio dimora di pura santità


                       Ofelia (L & M: Diego Banchero) 

Respiro nostalgia 

Mista a infelicità 

La gabbia del mio cuore

A stento fermar sa 

Ogni memoria che 

Cerca di ritornare 

Recando il tuo ricordo 

Ancora per ferire 

No, non mi è data sai nessuna immunità per il dolore 

Che nonostante lui mondato abbia qualunque mio peccato 

Vivo tutta l’ansietà della mia precarietà

e attendo il giorno in cui raggiungerò

il regno della giovinezza in cui mi attendi 

I nostri giorni che Sono vivi dentro me 

Mi aprirono la via 

Di una felicità 

Che come una chimera 

Prima d’allora aveva 

Volato troppo in alto 

Per essere afferrata 

Di rinunciare a noi infine tu mi chiedesti e ti deposi là 

Nella terra del giardino nel quale il nostro fuoco arse 

Vivo tutta l’ansietà della mia precarietà e attendo 

il giorno in cui raggiungerò

il regno della giovinezza in cui mi attendi 

Vivo tutta l’ansietà della mia precarietà e attendo 

il giorno in cui raggiungerò

il regno della giovinezza in cui mi attendi 



   Side B 


                       La Testa di Medusa (M: Beppi Menozzi) 



                        Il Dissolvimento del Corpo con la Spada (M: Diego Banchero) 



                         Missa Nigra 2021 (L & M: Diego Banchero)

Imperturbabile muovi il tuo passo 

Pur consapevole che sono dietro te

Verso la trappola tesa con cura 

Tu mi conduci fiera e sicura 

Attorno al tavolo tetre figure 

Ricca platea di cupe creature 

Pronta la sedia c’è su cui sedere 

La donna in maschera vuole parlar con me

Suggestionabile la messa in scena 

Danza lisergica che mi trascina

Presa nel vortice la mente accelera 

Chi cerca verità certo si perderà 

La scia di sangue seguirà 

Chi tornerà dall’aldilà 

 


                       Solitudine (M: Diego Banchero) 

 

*** 





IL SEGNO DEL COMANDO - Biography: Italian Version  


                           English version 


IL SEGNO DEL COMANDO - Official (Facebook)


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... o il vinile! 








21 feb 2023

Steven Wilson, la vita al di là della band [2]

                            Seconda parte

( <<<< Prima parte, vai dietro )



Hand. Cannot. Erase. (2015)


La faccia di Steven Wilson, che campeggia da quasi trent'anni ormai su tutti i magazines dedicati al rock progressivo, è diventata un'icona del genere. E su Prog gli articoli su di lui si succedono a cadenza regolare. Non passa praticamente numero di Prog - così come di altre riviste - senza che ci sia, su questo artista, almeno un trafiletto...




Nel periodo di Hand. Cannot. Erase., dell'EP 4 ½ e dell'album successivo To the Bone (2017) abbiamo l’ultima incarnazione di Wilson, ormai una figura a parte nel genere della musica popolare-ma-non-banale e del rock più ispirato e, sì, colto.

(L'ultimo album solista a oggi, The Future Bites, è uscito nel 2021 ed è tutt'altro discorso, secondo noi.)

In Hand. Cannot. Erase. siamo su livelli molto più piacevoli e meno introversi del lavoro precedente.

Con una chitarra elettrica che a tratti ricorda i gloriosi The Who e tastiere più aperte al mondo e dunque solari, ci viene offerta una vasta gamma di suoni. C'è qualche reminiscenza addirittura genesisiana. E, comunque, le composizioni hanno una vicinanza più sana alla forma "canzone".


   Line-up / Musicians

- Steven Wilson / vocals, electric (3-7,10) & acoustic (2,4-6,8,10) guitars, banjo (7), keyboards, Mellotron M4000, bass (1,2,5-7), hammered dulcimer (9), shaker, Fx, programming, choir (5,10,11) & strings (9,10) arrangements, producing & mixing

    With:

- Leo Blair / vocal solo (5)

- Guthrie Govan / lead guitar (1,2,5-7,9,10)

- Dave Gregory / guitar (2,10) & 12-string guitar (3)

- Adam Holzman / piano, Hammond B3, Fender Rhodes, celesta (3,5,9), Wurlitzer (7), Moog solo (7)

- Theo Travis / baritone saxophone & flute (9)

- Nick Beggs / bass (3,9), Chapman Stick (4,6,10), backing vocals (2,4-6,9,10)

- Marco Minnemann / drums

- Chad Wackerman / drums (10)

- Ninet Tayeb / backing vocals (3,5,9)

- Katherine Jenkins / voice (4)

- Dave Stewart / choir (5) & strings (9) arrangements

- Schola Cantorum of The Cardinal Vaughan Memorial School / chorus vocals (5,10,11)

- London Session Orchestra / strings (9,10)


   Tracks

1. First Regret (2:01)

2. 3 Years Older (10:18)

3. Hand Cannot Erase (4:13)

4. Perfect Life (4:43)

5. Routine (8:58)

6. Home Invasion (6:24)

7. Regret #9 (5:00)

8. Transience (2:43)

9. Ancestral (13:30)

10. Happy Returns (6:00)

11. Ascendant Here on... (1:54)


   Total Time 65:44



Album migliore del precedente, questo Hand. Cannot. Erase e sono d'accordo che trattasi di uno dei dischi meglio riusciti degli ultimi decenni, non solo in ambito neo-prog. In my humble opinion!

Per la pubblicazione dell'album, Steven Wilson venne intervistato da Jerry Ewing in persona, che è stato il fondatore della prestigiosa rivista Prog. L'intervista non aggiunge e non toglie nulla all'immagine di S. Wilson, da molti considerato arrogante e che dà forse fastidio per la sua onnipresenza, ma che intanto, grazie al fatto di essere tanto diligente, è uno dei pochi attori del prog che riescono a campare grazie alla vendita dei dischi. E a campare bene, come si sottolinea nell'articolo.



È un concept ispirato al caso di Joyce Vincent, una donna ben inserita nella società londinese la quale tuttavia, dopo essere spirata nel proprio appartamento, sembrò essere stata dimenticata da tutti e cancellata dalla memoria del mondo... finché tre anni dopo non se ne trovò lo scheletro. Qui c'è meno Theo Travis che nel precedente platter, quindi è un album meno jazzato e con momenti rock più "vivaci"... nonostante lo spunto funereo.





4 1/2 (EP, 2016)


Hand. Cannot. Erase. dell'anno prima fu l'album di maggior successo nella carriera di Steven Wilson - fino a quel momento. Grande risultò essere anche il riscontro di pubblico nel tour successivo. Proprio durante quei concerti, Wilson & Co. presentarono alcuni brani inediti (insieme ad altri del repertorio dei Porcupine Tree), brani che furono aggiunti nella cartella dei suoi progetti e pubblicati poi nel'EP 4 1/2 insieme a tracce che erano state escluse dagli ultimi suoi due album. 

4 1/2 uscì mentre Wilson lavorava già al suo quinto album (To the Bone). 

È un EP di 37 minuti. 4 dei titoli sono nati durante le sessioni per Hand. Cannot. Erase. e uno risale a The Raven That Refused to Sing. L'ultima traccia, "Don’t Hate Me", è una canzone originariamente registrata dai Porcupine Tree e riproposta in una versione rimaneggiata nel tour europeo. Per l'EP ci sono diverse aggiunte fatte successivamente nello studio di registrazione. 

Il cantato di "Don't Hate Me" vede affiancati Steven e Ninet Tayeb. È un duetto, dunque.

Tre tracce di 4 1/2 sono strumentali: "Year of the Plague", "Sunday Rain Sets In" e "Vermillioncore".



Released on Jan 22nd, 2016

Key Tracks: 1. "My Book of Regrets", 3. "Happiness III"

 

   Track listing

1. My Book of Regrets (9.23)

2. Year of the Plague (4.15)

3. Happiness III (4.31)

4. Sunday Rain Sets In (3.50)

5. Vermillioncore (5.09)

6. Don’t Hate Me (9.34)




To the Bone (2017)


"I'm tired of Facebook

Tired of my failing health

I'm tired of everyone

And that includes myself"


A maggio 2017, il singolo "Pariah" preannunciava l'uscita del quinto disco solista di Steven Wilson - senza contare, ovviamente, l'intermedio EP 4 ½ - e, anche dopo aver ascoltato più volte tutte le tracce di To the Bone, è questo il passaggio - dal brano "Pariah", appunto - che rimane più impresso nella mente. Questo e, anche, la canzone "Refuge", incredibilmente "catchy" e incredibilmente potente.



To the Bone segna il culmine della carriera del quasi 50enne musicista; è un compedio della sua inventiva, con novità sparse qua e là. La novità più grossa è ovviamente lo stile. Wilson stavolta voleva fare un album più pop-rock, sull'esempio di Peter Gabriel ('So'), dei Talk Talk...! Qualcosa che si avvicinasse e lo avvicinasse al mainstream. (Ricordo che diede decine, forse centinaia di interviste in cui cercava di spiegare il perché della svolta.) In To the Bone, il songwriting cerca di essere diretto, senza troppi orpelli, prova a dipanarsi lungo una narrazione rock che non sia necessariamente progressive... Forse vuole un po' rifarsi anche à la Kate Bush dei grandi successi, ai dischi di artpop. Ne esce fuori un prodotto eccellente, non importa quale etichetta vogliamo affibbiargli: la cura dei dettagli e la tecnica - anche nelle e delle cosiddette "canzoni pop" (ma... "Permanating" è una canzone pop? Leggera?... Ma sì, dài!) - rivelano la mano del maestro. L'eclettismo inoltre è presente, non ci sono mai due brani che si assomigliano. E i testi sono molto seri e ben strutturati, evocano immagini spesso dark, come negli anni precedenti. È tutto troppo ben fatto e troppo ponderato perché Wilson possa ingannarci. Ah, a proposito dei testi, lui stesso dichiara:


>> Lyrically, the album’s 11 tracks veer from the paranoid chaos of the current era in which truth can apparently be a flexible notion, observations of the everyday lives of refugees, terrorists and religious fundamentalists, and a welcome shot of some of the most joyous wide-eyed escapism I’ve created in my career so far. Something for all the family! <<


Ricordiamoci di una cosa: mentre noi ripassiamo questo segmento della sua carriera solista, Wilson è impegnato su vari fronti contemporaneamente. Oltre ai Porcupine Tree, milita nei No-Man, nei Blackfield, nei Bass Communion, negli Storm Corrosion; si è occupato del remix di album targati King Crimson, si destreggia con le sonorità di epoche diverse e le ricopre di una patina moderna... In questo album dall’artwork minimale e forse per questo tanto efficace, vuole "rilassarsi" un po'... Beh, togliamoci il cappello.



Attenti, puristi! Adesso arriva la doccia fredda.

The Future Bites (2021)

Differente, molto differente, di sicuro non prog-rock... Siamo lontani, musicalmente, dai Porcupine Tree e dai primi album solisti di Steven Wilson. E tuttavia: da ascoltare, per meglio conoscere.

Mojo ha assegnato all'album 4 stelle su 5 descrivendolo come "un grande disco di pop maggiorato", aggiugendo che "il lavoro solista [di Wilson] ha portato l'artista ad abbracciare la dance, l'elettronica e il pop e ciò ha causato il miglioramento". Uncut, Classic Rock, il tedesco Rocks Magazine...: tutte le testate specializzate hanno lodato l'imprevedibilità di Wilson, i suoi "agganci vocali in falsetto", il suo "metapop anticonformista". 

Un altro trionfo? Commercialmente, sì.



Le tracce sono state tutte composte da Steven Wilson e sul package i titoli sono stilizzati in maiuscolo. Anche il titolo dell'album lo è: 

'The Future Bites' ---> THE FUTURE BITES™. 

È il suo sesto lavoro personale in studio (full-lenght). Coprodotto da Wilson e David Kosten e registrato a Londra.

The Future Bites tratta due temi ricorrenti della produzione di Wilson: l'identità dell'essere umano e la tecnologia. A proposito di quest'ultima, un comunicato stampa in concomitanza con l'uscita del disco ci dice che la tecnologia "è un muro di separazione della nostra utopia del 21° secolo, consentendo anche momenti di crescita personale e ottimismo". Di The Future Bites è stato inoltre detto che è "meno la visione cupa di una distopia prossima ventura quanto più una curiosa lettura del qui e ora".

"Personal Shopper" il primo singolo, "ci immerge completamente nella danza e nella neo-disco, mantenendo in qualche modo un taglio rock".

"In qualche modo": già!


   Track listing

1. "Unself" 1:05

2. "Self" 2:55

3. "King Ghost" 4:06

4. "12 Things I Forgot" 4:42

5. "Eminent Sleaze" 3:52

6. "Man of the People" 4:41

7. "Personal Shopper" 9:49

8. "Follower" 4:39

9. "Count of Unease" 6:08

           

                Lunghezza totale: 41:59


     Line-up e collaboratori

  - Steven Wilson: voce, chitarre, tastiere, campionatore, basso, percussioni, programmazione

  - David Kosten: programmazione, sintetizzatori, drone in "Count of Unease"

  - Michael Spearman: batteria, percussioni

  - Nick Beggs: basso in "Personal Shopper", Chapman Stick in "Eminent Sleaze"

  - Adam Holzman: tastiere in "Eminent Sleaze" e "Follower"

  - Richard Barbieri: sintetizzatori in "Self"

  - Jason Cooper: piatti e percussioni in "King Ghost"

  - Blaine Harrison, Jack Flanagan: cori in "12 Things I Forgot"

  - Elton John: parola pronunciata in "Personal Shopper"

  - Bobbie Gordon, Crystal Williams, Wendy Harriott, Fyfe Dangerfield, Rou Reynolds, Rotem Wilson: cori

  - London Session Orchestra in "Eminent Sleaze"

 

  Steven Wilson -

          Album da solista


2008 Insurgentes
2011 Grace for Drowning
2013 The Raven That Refused to Sing (And Other Stories)
2015 Hand. Cannot. Erase.
2017 To the Bone
2021 The Future Bites



   Links relativi: 

Steven Wilson, la vita al di là della band [1]

                        Etichetta discografica Kscope 

 

Steven Wilson, la vita al di là della band [1]

                        Prima parte





Non ci sono stati solo i Porcupine Tree. Nel corso della sua lunga carriera (le prime esperienze in studio di registrazione risalgono agli Anni Ottanta), Steven Wilson ha avuto all'attivo numerosi side-project, tra i quali i Blackfield (con il cantautore israeliano Aviv Geffen), gli Storm Corrosion (con Mikael Åkerfeldt degli Opeth), Bass Communion, gli I.E.M. (Incredible Expanding Mindfuck) e i No-Man (con il cantante Tim Bowness). 
Solitamente Steven Wilson suona tutti gli strumenti e cura tutti gli aspetti tecnici inerenti al suono, alla programmazione e alla produzione. Fondamentale è la sua collaborazione con Lasse Hoile, grafico, regista e fotografo danese, da anni abilissimo nel tradurre in forma visiva le sue idee.
In veste di produttore, nel nuovo millennio il musicista inglese ha anche curato le versioni remix di numerosi album legati al rock progressivo, come In the Court of the Crimson King dei King Crimson, Emerson, Lake & Palmer, Aqualung dei Jethro Tull e Fragile e Close to the Edge degli Yes. E in studio è stato in grado di plasmare il sound di influenti band moderne, come gli Opeth.

Album da solista

2008 Insurgentes
2011 Grace for Drowning
2013 The Raven That Refused to Sing (And Other Stories)
2015 Hand. Cannot. Erase.
2017 To the Bone
2021 The Future Bites

 Porcupine Tree




Il suo primo lavoro personale è Insurgentes, registrato tra gennaio e agosto 2008. (Belle a questo proposito sia l'edizione giapponese dell'album sia la "limited deluxe edition", che includono 4 tracce più una "hidden track".)
 Collaborano qui il batterista Gavin Harrison (già con lui nei Porcupine Tree), Tony Levin al basso (Peter Gabriel, King Crimson) e Jordan Rudess (Dream Theater) alle tastiere. Fior fiore di nomi, dunque. 


Steven Wilson menziona tra le proprie influenze musicali il post-punk e lo shoegaze e in particolare gruppi quali Joy Division, Killing Joke, The Flaming Lips, My Bloody Valentine e The Cure. Insurgentes è un disco difatti oscuro e a tratti misantropico, che cerca nell'infelicità, nella depressione, nella sofferenza l'acqua a cui abbeverarsi. Le radici prog-classiche vengono abbandonate forse definitivamente a favore del noise. Un omaggio al maestro Robert Fripp è "No Twilight Within the Court of the Sun", brano inserito a metà scaletta, molto crimsoniano già nel titolo. Con le sue fughe strumentali, è forse il migliore titolo dell’album, insieme all'eclettica e composita "Salvaging" (terza traccia). 
Alcuni altri brani sono vicini al metal tagliente dei Porcupine Tree dell'ultimo periodo.





Tre anni dopo esce Grace for Drowing, dove Steven Wilson di nuovo, oltre a cantare, suona vari e numerosi strumenti (keyboards, guitars, autoharp, bass, piano, gong, glockenspiel, harmonium, percussion, programming) e si rende responsabile della produzione e del mixing. 


Al momento dell'uscita di questo secondo lavoro sotto il proprio nome, il cantautore e musicista britannico è già, da oltre un decennio, una figura-chiave del neo-prog. Grace for Drowing trova alquanta risonanza su siti e magazines vari ancor prima di uscire, grazie ad anticipazioni quali files da scaricare, videoclips e la riproduzione della copertina (che è opera di Lasse Hoile). Come nel 'debut album', anche questo lavoro è una mistura di noise music, drone, minimalismo e improvvisazioni: una musica dalle mille sfaccettature. Il disco non è però un sequel di Insurgentes, bensì una reinvenzione, da parte di Wilson, della propria attività da solista. È un doppio album con ciascuna "metà" composta da quaranta minuti di musica e vi partecipano abbastanza guests da equipaggiare un reggimento militare (Jordan Rudess, Nick Beggs, Theo Travis, Tony Levin, Trey Gunn, Pat Mastelotto, Steve Hackett e vari altri).




Drive Home (EP)

Contiene alcune tracce registrate in studio e un paio di video musicali. Le registrazioni in studio - a Los Angeles - sono state fatte dal 15 al 21 sett. 2012. Inoltre, il CD e il DVD/Blu-ray contengono diverse tracce live del concerto in Germania del 23 marzo 2013 - alla Hugenottenhalle di Neu-Isenburg.  


Drive Home del 2013 meglio si può descrivere ripetendo le parole di Thom Jurek (AllMusic), il quale parla della title track come di "una stupenda fusione di atmosfere notturne pinkfloydiane e magnificenza melodica tipo Moody Blues, assoli di chitarra tentacolari e in più la cristallina produzione a firma Alan Parsons"
E le tracce dal vivo? Per Jurek, sono "versioni sopraffine" che i componenti della band "liberano dallo spazio ristretto dello studio di registrazione".








The Raven That Refused to Sing (And Other Stories)

L'evoluzione stilistica di Wilson, in cui l’artista fagocita generi diversi che vanno dal jazz all’elettronica, è un percorso tracciato da Grace For Drowning e The Raven That Refused to Sing.

The Raven That Refused to Sing venne realizzato dopo la morte del padre (è un album dedicato al sopranaturalismo) e contiene di conseguenza toni più dark, più scuri del successivo Hand.Cannot.Erase (che pure, come vedremo, si basa essenzialmente - o anche - su una storia "orrifica"). 

Released 25 February 2013
Recorded 15–21 September 2012
                           17 October 2012
Studio EastWest Studios, Los Angeles
                    Angel Recording Studios, London



 


Non è la colonna sonora di nessuna generazione; è il soundtrack dell'alienazione. Stralci di melodie, ma niente di "catchy" che ti rimanga nella testa (d'accordo: "Drive Home" è una bella ballata, non priva di lirismo quasi à la R.E.M.).

L'intro di basso e poi il giro di "Luminol" (prima traccia) sono considerati fra i migliori, se non i migliori della storia della musica degli ultimi 40 anni. Merito di ciò è in gran parte dello straordinario talento di Nick Beggs. Visto dal vivo, Beggs ha una tecnica impressionante. "Luminol" è oltretutto un brano scritto segnatamente per il basso, che qui, da strumento ritmico, diventa strumento melodico. Dopo John Entwistle di The Who, si può dire che Beggs sia il migliore bassista in circolazione.

L'impressione generale dell'album è quella di post-rock (piuttosto che di prog-rock) con inserti jazz. Tanta parte dello spartito è tenuta in scala maggiore con non poco rumore zappiano. Una drammaticità portata all'esasperazione, un lamento prolungato... come quello emesso dagli spiriti "soprannaturali" che il disco vuole rendere presenti.

Verso la metà ci sono i momenti migliori ("The Holy Drinker"  e soprattutto "The Pin Drop" con le sue sfumature genesisiane) (e si può dire la stessa cosa di "The Watchmaker").
L'ultima track, quella eponima, è anche la più memorabile, con atmosfere intime che ricordano una cameretta recondita e l'anima di un ragazzo che si proietta nell'universo pur senza lasciarla... e che alla cameretta ritorna. 
Queste almeno le impressioni che ci dà il brano n. 6, "The Raven That Refused To Sing". Una song carica di tensione, di pathos, ma almeno senz'altro bello dal punto di vista melodioso e dell'esecuzione. S.W. ce lo spiattella senza troppi virtuosismi stavolta, ma curandosi di creare l'ambiente, il "clima" dettato dalla situazione e dal tema. Il corvo della canzone ricorda un po' Edgar A. Poe; e la preghiera o meglio implorazione all'assente "Lilly" evoca il testo di "The Musical Box"; ma siamo evidentemente molto lontani da quella magia. Diciamo che l'artista Wilson si crea una dimensione propria di sentimenti ed empatia, il tutto però ricoperto da una patina di freddezza metallica, invaso da molto meno romanticismo di quanto potrebbe offrire l'argomento. Romanticismo che è però presente, di contro, in...


   Links relativi: 

Steven Wilson, la vita al di là della band [2]

                        Etichetta discografica Kscope