31 ott 2021

Genesis, discografia e note varie

Discografia

From Genesis To Revelation (Decca, 1969) 
Trespass (Charisma, 1970)
Nursery Crime (Charisma, 1971) 
Foxtrot (Charisma, 1972)  
Genesis Live (Charisma, 1973, live)   
Selling England By The Pound (Charisma, 1973) 
The Lamb Lies Down On Broadway (2 LP Charisma, 1974)       
  
Rock Roots (Decca, 1975, anthology, with unpublished tracks)
A Trick Of The Tail (Charisma, 1976) 
Wind And Wuthering (Charisma, 1976)                          
Seconds Out (2 LP Charisma, 1977, live)                       
...And Then There Were Three (Charisma, 1978) 
Duke (Charisma, 1980) 
The Story Of Genesis (2 LP Charisma, 1980, anthology)
ABACAB (Charisma, 1981) 
Three Sides Live (Virgin, 1982, live + studio)
Genesis  (Vertigo, 1983) 
Invisible Touch (Charisma / Virgin, 1986)
We Can't Dance (Virgin, 1991) 
Live - The Way We Walk Vol. 1 (Virgin, 1993, live) 
Live - The Way We Walk Vol. 2 (Virgin, 1993, live) 
Calling All Station (Virgin, 1997)                           
Genesis Archives Vol. 1, 1967-75 (Virgin, 1998) 
Turn It On Again: The Hits (Atlantic / Wea, 1999)            
Platinum Collection (Rhino / Wea, 2005) 



Io sono un aficionado del gruppo inglese ormai da una vita, ovvero da quando un mio cugino mi fece ascoltare Selling England By The Pound - allora su supporto magnetico; leggi: su audiocassetta. Le opere precedenti (Trespass, Nursery Cryme e Foxtrot, oltre all'album "black" - loro debutto - From Genesis To Revelation) arrivarono per me solo successivamente; ma confermarono la mia prima, immediata impressione: i Genesis erano la "mia" band. Comunicavano direttamente col mio cuore - o con la mia anima, se volete - e riuscivo a recepirli anche a livello di cerebro. Furono loro che dischiusero per me i cancelli dell'universo prog.
Il contesto musicale in cui Tony Banks utilizzava pianoforte, Hammond e Mellotron era qualcosa di unico. Ma tutt'e cinque (poi rimasero in quattro... infine in tre) lavoravano per un unico scopo: stupire, inebriare l'ascoltatore. La magia risultava dalla creatività, dalle melodie armonizzate, dall'evidente bellezza delle soluzioni musicali.
E non solo la loro musica sofisticata: anche i loro testi mi risultarono, fin da subito, assai accattivanti. Certo, diverse cose bisognava interpretarle (e non bastava un comune dizionario italiano-inglese per capirle!), ma a quell'epoca c'era il buon Armando Gallo (il più grande esperto italiano [o addirittura mondiale] di questo gruppo) che forniva puntualmente la traduzione con tanto di "note a pie' di pagina" su ogni involucro dei dischi "genesiani" destinati al Belpaese.



Tutto ebbe inizio esattamente nel 1968, con From Genesis To Revelation: un gioiellino di musica pop con influenze R&B e soul. Melodie struggenti che già rivelano la qualità eccelsa del songwriting, sostenuta dall'urgenza emotiva. Alcune canzoni di From Genesis To Revelation sono talmente belle e senza tempo che sarebbero capaci ancora oggi di scalare le hit parade di mezzo mondo.
Due pezzi esclusi dalla prima edizione (il celebre "album nero") e aggiunti in molte delle successive ristampe, cioè "One Eyed Hound" e "The Silent Sun (single mix)", lasciano capire la voglia di "rockare" che avevano i quattro ragazzi inglesi, voglia inibita da una produzione troppo "morbida" di cui è responsabile Jonathan King. King era uno sfegatato fan dei Bee Gees prima maniera (tutti coretti e arrangiamenti di archi) e, a sua volta, un cantante melodico.
Le edizioni più recenti dell'album sono state arricchite da due demo di quell'epoca: "Image Blown Out" e "She's So Beautiful".

Trespass (1970) segna il passaggio dei Genesis dalla Decca alla Charisma e nel contempo la loro entrata nell'universo prog. In quel torno di tempo, il rock progressivo era considerato "la nuova musica classica", e non a caso fu denominato anche "art rock".
Trespass, prodotto da John Anthony, fu registrato ai Trident Studios.
Da "Looking for Someone" a "The Knife", è un fantastico susseguirsi di madrigali e trascinanti cavalcate guidate dalle tastiere di Tony Banks e dalle chitarre di Michael Rutherford e Anthony Phillips. La band lascia già intravedere in che cosa consiste la sua grandezza: pianissimi strizzacuori si inframezzano a crescendi inattesi dove spesso la chitarra distorta cinge il sintetizzatore in un dolce abbraccio. La voce di Peter Gabriel è brillantemente graffiante, "cattiva".
Durante la tournée per promuovere l'album, Gabriel saltò giù dal palcoscenico del Friar's Inn di Aylesbury (dove il gruppo era praticamente di casa) e si spezzò una caviglia; mentre i suoi compagni continuavano imperterriti a suonare, il cantante fu ritrascinato sullo stage a forza di braccia affinché portasse a termine l'esibizione...
Phillips e il batterista John Mayhew si congedarono dopo la registrazione di Trespass...




Leggi la presentazione e le recensioni degli album (fino a The Lamb...):

From Genesis To Revelation (1969)
Trespass (1970)
Nursery Cryme (1971)
Foxtrot (1972)
Selling England By The Pound (1973)
The Lamb Lies Down On Broadway (1974).


23 ott 2021

Mauro Mulas e... gli Entity

Prima di arrivare a Chiaroscuro (disco di jazz attuale del Mauro Mulas Trio), prendiamo in considerazione la pubblicazione - "tarda", purtroppo - de Il Falso Centro, album degli "storici" Entity, banco di prova progressive del tastierista, compositore e produttore sardo Mauro Mulas e di alcuni suoi accoliti di allora. Lo 'studio album' in questione venne realizzato tra il 2009 e il 2012 e, quando la Lizard (o meglio la Locanda del Vento, sua sottoetichetta) lo pubblicò nel 2013-2014, degli Entity in vero stavano pian piano svanendo le tracce: un altro capitolo assai interessante ma in pratica forse già chiuso di Mauro Mulas, il quale si muove in continuazione... per tornare ancora e sempre al suo grande amore, il jazz.


Il Falso Centro è un prodotto che vale la pena scoprire, un "concept" tipicamente progressive, una serie di brani che formano un'unica storia. La narrazione si accentra sul risveglio di coscienza di un uomo, un uomo che vuole reimpossessarsi della propria vita e, per farlo, sa che occorre abbattere l'ego, che è frutto dell'invadenza di una società che risucchia le persone nei propri meccanismi. Il cantato è in italiano.



Da un'intervista a Mauro Mulas su 'Arlequins' a proposito del progetto "prog" Entity.


"Come musicista hai qualche tastierista a cui ti ispiri, o che ti piace particolarmente?"


"A parte Keith Emerson, sicuramente Jan Hammer. Anche Chick Corea mi piace molto. Per restare in campo progressive, un altro è Rick Wakeman, anche se non apprezzo in particolare il suo modo di restare spesso ancorato a certe soluzioni barocche. Un lavoro che mi piace molto degli Yes è Tales from Topographic Ocean, che contiene a mio avviso molte idee originali."




Songs / Tracks Listing (album Il Falso Centro)

1. Davanti allo specchio (4:45)

2. Il Desiderio (16:37)

3. Il Tempo (8:41)

4. Il Trip dell'ego (5:26)

5. "ANT" (9:27)

6. L'armatura (12:42)

7. La Notte oscura dell'anima (5:59)


Total Time 63:47


Line-up / Musicians

- Sergio Calafiura / vocals

- Marco Panzino / drums

- Marcello Mulas / guitars

- Gigi Longu / bass

- Mauro Mulas / keyboards


Releases information

Label: Lizard Records/Locanda del Vento (LDV0000007)

Country: Italy

Release date: 1st February 2014


Su etichetta e distribuzione GT Music Distribution

Buy!



   Mauro Mulas omaggia Keith Emerson: "Manticore"



Quest'altro progetto (vedi video sottostante) si chiamava KTL, nato dalle idee del musicista e producer Marco Angioni, che con l'aiuto di Mulas e di parte dei componenti degli Entity ha portato quei pezzi nati in studio in concerto.
Nel 2001 KTL ha aperto il concerto dei Jethro Tull al Molo Ichnusa e nel 2006 il gruppo si è esibito nel festival "InProgress One" di Sestu.


A parte le cose con gli Entity e i KTL, Mulas vanta numerosi collaborazioni con artisti e gruppi non solo sardi. Ha partecipato all'album I racconti del mare degli Akroasis di Pierpaolo Meloni, organizzatore del festival InProgress One, rivisitando per pianoforte due loro tracce. Ha partecipato al progetto Colossus Iliad, di Marco Bernard, con due brani per pianoforte di propria composizione (vedi su Spotify: Iliad, a Grand Piano Extravaganza). C'è poi da segnalare l'album del M'Organ Quartet, con il chitarrista Massimo Ferra: un lavoro di jazz-rock con qualche influenza progressiva.

Ha inoltre realizzato una composizione per l'ambizioso progetto Colossus sul Decameron: una suite in quattro parti dove suona pianoforte e tastiere e dove si sentono anche il clarinetto di Marco Argiolas e la batteria di Marcello Mameli. 





1 ott 2021

La Decima di Beethoven

Un gruppo di musicologi e programmatori ha usato l’intelligenza artificiale per immaginare come avrebbe potuto essere la sinfonia che il compositore tedesco lasciò incompiuta




Quando Ludwig van Beethoven morì nel 1827, erano trascorsi tre anni dal completamento della sua Nona Sinfonia, per molti indiscutibilmente la sua opera magna. Beethoven aveva già iniziato a lavorare alla decima sinfonia ma, a causa del deterioramento della sua salute, non era stato in grado di fare molti progressi: tutto ciò che lasciò ai posteri furono alcuni schizzi musicali.

Da allora, i suoi fans così come i musicologi si sono chiesti che cosa avrebbe potuto essere l'ultima sinfonia del Maestro. Oggi, la visione del grande compositore ha preso vita.

Il tutto è avvenuto grazie alla startup Playform AI ("AI" = "Artificial Intelligence"). Un team di storici della musica e altri esperti (tra di loro ovviamente anche diversi esperti di informatica) ha insegnato a una macchina computatrice, a un calcolatore elettronico... sì, a un computer, sia l'intero lavoro di Beethoven che la sua metodologia creativa.




È stato un lavoro di oltre due anni; e per il 9 ottobre 2021 è fissata l'uscita ufficiale (su CD e non solo) dell'opera. Nella stesso giorno in cui è prevista la prima mondiale, a Bonn, città natia di Ludwig van. 



Ovviamente non è la prima volta che si tenta di "ricostruire" la Decima: nel 1988, il musicologo Barry Cooper provò a completare il primo e il secondo movimento (sui quattro complessivi), cercando di restare fedele a quella che pensava fosse stato il progetto di Beethoven. La composizione di Cooper è in realtà "la" composizione di Beethoven: Cooper ha messo insieme i frammenti, unendoli... Un'operazione che ha convinto non pochi ascoltatori, i quali davvero credono di sentire "la mano" di Beethoven in questo spartito. Ma che - ed era inevitabile - ha sollevato anche dubbi e polemiche.



... Ed ecco qui, invece, la Decima "composta" dall'IA, dall'intelligenza artificiale. Questo è solo una breve clip.



Segue una video-documentazione un po' più lunga.



14 set 2021

Le "Metamorfosi Sinfoniche" di Hindemith

Ci sono giorni in cui ci si sente poco felici, un tantino malinconici. Topolàin ha scelto stamani una musica "concettuale" e relativamente impegnativa, atta a schiacciare i futili entusiasmi parimenti alle lune di traverso.
Trattasi delle
"Symphonic Metamorphoses" di Paul Hindemith.

Ascoltate bene. Anche due o tre volte, se necesse.

E' una registrazione su vinile del 1964, quindi non lasciatevi disturbare dal lieve fruscio di sottofondo. Contano, oltre alla concezione nel suo insieme, i singoli fraseggi e l'interagire dei gruppi strumentali. 
Il titolo completo del lavoro è Symphonic Metamorphosis of Themes by Carl Maria von Weber.


[Normalmente "on Themes", ma l'errore - "of" - dell'originale inglese è stato ripreso anche nella traduzione tedesca del titolo, che dunque recita così: "Symphonische Metamorphose von Themen Carl Maria von Webers".]

Hindemith compose queste "variazioni su temi di Weber" nel 1943, in America, dove si era rifugiato con la moglie per sfuggire al nazismo.




 

 

 

Edgar Varèse

(Parigi, 22 dicembre 1883 - New York, 6 novembre 1965)

"Sogno strumenti che obbediscano al pensiero del compositore."




Di padre italiano e madre francese, Varèse fu il tipico artista cosmopolita, irrequieto e all'avanguardia, nato a cavallo dei secoli XIX e XX. Dopo aver studiato scienze matematiche, si iscrisse al Conservatorio Superiore di Parigi, prima di proseguire la sua istruzione musicale alla Schola cantorum sotto la guida di Roussel e d'Indy.
A Parigi e Berlino fondò scuole musicali e cori specializzati nell'esecuzione di musiche antiche.
Apprezzato da Ferruccio Busoni e Claude Débussy, si ritrovò a essere tra i primi uditori del Pierrot Lunaire di Arnold Schoenberg e del Sacre di Igor Stravinsky. Fu a capo dell'Orchestra Filarmonica di Praga, prima di lasciare l'Europa per gli Stati Uniti d'America.
Nel 1919 fondò la New Symphony Orchestra, e contribuì anche a fondare la Pan-American Association of Composers.


"Contrariamente a quanto credono tanti, non è l'artista ad essere avanti nel tempo, ma sono le persone ad essere indietro."


Considerato uno dei massimi rappresentanti della nuova musica, fece la spola tra gli USA e la Francia, con brevi puntate in Germania (nel 1950 fu presente ai celebri Ferienkurse di Darmstadt). Negli Anni Cinquanta tentò, invano, di affermarsi come compositore di musiche da film.





 Nei lavori di Varèse si possono riscontrare similitudini con quelli degli americani Charles Ives e John Cage. La sua musica abita la contemporaneità, respira delle strade, delle sirene, dei vapori che salgono dai tombini, delle nuove mitologie, delle luci accecanti, dei metalli, dell'elettricità. La sua prima produzione andò perduta durante la Prima Guerra Mondiale in un incendio (un'opera e otto composizioni orchestrali, tra cui Un grand sommeil, del 1906). Ma la perdita non aveva rammaricato più di tanto Varèse, che voleva essere ricordato per i lavori successivi a Amériques. Il sotterraneo della sua casa di New York era pieno di strumenti percussivi ed esotici. Per decenni aspirò a una musica "della macchina", a sonorità sconosciute, eppure non approfittò mai a fondo del mezzo elettronico. Nella Big Apple andava nelle officine e per le strade a registrare i suoni e i rumori che gli sarebbero serviti - manipolati - per le parti su nastro di Déserts (1950-54); ma forse intuì nell'elettronica lo spettro di quella cultura della disumanità contro cui aveva lottato tutta la vita e se ne ritrovò spaurito. In fondo il musicista italo-francese-ameri cano era legato a una concezione ottocentesca della "macchina".

Ai cultori del rock il nome di Edgar Varèse si lega a quello di Frank Zappa, che si interessò fortemente dell'avanguardia musicale europea e americana, dalla serialità, della musica concreta e che, nell'aprile 1981, organizzò, produsse e partecipò a New York City a un concerto di musiche composte da Varèse. 





Opere principali

[Due CD bastano a contenere tutta la musica di Edgar Varèse: quindici composizioni che quasi laconicamente mappano una carriera lunghissima e sempre irrequieta.]

- Amériques per grande orchestra (1921)
- Offrandes per soprano e orchestra da camera (1921)
- Hyperprism per percussioni e piccola orchestra (1923)
- Octandre per sette strumenti a fiato e contrabbasso (1923)
- Integrales per percussioni e piccola orchestra (1925)
- Arcana per grande orchestra (1927)
- Ionisation per tredici percussionisti (1931)
- Ecuatorial per coro, trombe, tromboni, pianoforte, organo, due Ondes Martenot e percussioni (1934)
- Density 21.5 per flauto solo (1936)
- Tuning up (1947)
- Dance for Burgess (1949) 
- Déserts (1950-54)



Qualche parola su Ionisation (1929-31)

Fin dalla controversa prima esecuzione alla Carnegie Hall di New York nel 1931, molti colleghi-rivali di Varèse pretesero il diritto di aver composto loro il primo pezzo per sole percussioni della storia. Comunque sia, a oltre settant'anni di distanza, Ionisation rimane un capolavoro indiscusso del suo genere e, a dispetto delle numerose imitazioni, forse l'unico. Da quel momento, la sezione delle percussioni, finora sempre in ombra nell'orchestra, cominciò a vivere di vita propria. Già nella sua prima, grande opera Amériques, Varèse aveva sviluppato la partitura delle percussioni in modo che procedesse quasi indipendentemente da quella del resto dell'orchestra.
Ionisation è un movimento di sei minuti basato sulla pura ritmica e ispirata dal traffico nelle strade di New York.  La coppia di sirene che va "su e giù" per tutto il pezzo dovrebbe essere un richiamo ai due corni nei Divertimenti di Mozart.



17 lug 2021

Berlino appena riunificata, 20 luglio 1990: 'The Wall'

Uno show epocale quasi quanto l'evento storico che segnò la Riunificazione delle due Germanie

 Una guardia di sicurezza sorveglia i lavori di costruzione del palco sulla Potsdamer Platz, Berlino, 20 luglio 1990



 Il Muro ("Die Mauer") era caduto solo nominalmente (poi venne smantellato; ma la sua ombra continua a gettarla tuttora) e già Roger Waters metteva su, a Berlino, nell'ex "zona franca" tra Est e Ovest, lo spettacolo indimenticabile dell'opera rock che aveva sancito il successo universale, definitivo, dei Pink Floyd: The Wall. In un'atmosfera ubriaca di nuova - e ahinoi illusoria - libertà.





Alcuni dei protagonisti sono tedeschi: la magia viene aperta dagli Scorpions ("In the Flesh") e subito si passa a Ute Lemper (attrice teatrale, cantante) che è sul palco insieme a Waters per "The Tin Ice" - insieme all'orchestra e al coro della Radio tedesca (Deutscher Rundfunk).
Allo spettacolo partecipano almeno due dozzine di grandi nomi della musica internazionale...

Una celebrazione rock dovuta, per un evento epocale come la caduta del Muro di Berlino.
Che poi tale evento epocale abbia segnato il dilagare del neoliberismo più cinico... beh... è altra storia.

Alcuni commenti da Youtube: "I was in the US Army stationed close enough to this show that I could see the spot lights from my guard tower. Lousy luck of the draw that I pulled guard duty that night, and of course couldn't find anyone willing to take it who wasn't already going to the show. Never let it be said I didn't sacrifice A LOT for my country. 😁😁😁🇺🇲🤘" "My grandfather accidentally got to this concert without a ticket, such a lucky man" "This is like the endgame of 80s musicians" "I was there the most memorable night of my life" "This is one of the coolest things I've ever seen and I wasn't even there" "The amount of production, planning, rehearsals, etc, is absolutely amazing. The amount of musical talent is stunning. This is by far one of the best live music events captured on film."






23 mag 2021

In onore di Robert Arthur Moog (1934-2005)

Robert Moog, inventore dell'omonimo sintetizzatore.



Qui con Keith Emerson




 Il sito ufficiale della ditta Moog: 

https://www.moogmusic.com/




 

Il sintetizzatore, punta di diamante degli "elettrofoni", non giunse dal nulla: Robert Moog, da giovane, si era messo a costruire e vendere theremin, strumento ai suoi tempi rivoluzionario.


Lev Termen alias Léon Theremin, inventore nel 1919 del theremin


  

 Le origini del moderno sintetizzatore devono essere fatte risalire all'inizio del XX secolo, quando un certo Thaddeus Cahill fece domanda per il brevetto del dynamophone.

Trattavasi di macchinario a vapore davvero enorme: pesava più di 200 tonnellate (!).

Poiché non esistevano altoparlanti (adatti) o veri e propri sistemi di diffusione sonora, il suono del dynamophone avrebbe dovuto essere riprodotto tramite la rete telefonica pubblica. 

L'idea fallì. Forse perché era troppo in anticipo sui tempi...

Creato nel 1919, il theremin, che ha dimensioni ridotte, gode, ancora oggi, di uno status di culto. Anche perché il suo suono (inquietante!) è stato impiegato in dozzine e forse centinaia di colonne sonore di film horror e noir. 

Una leggera variazione dello strumento, chiamata electrotheremin - più facile da suonare -, venne utilizzata per creare quella sorta di ululato acuto che si sente nella hit "Good Vibrations" dei Beach Boys, del 1966.

Il termine "sintetizzatore" saltò fuori la prima volta nel 1956, per definire lo RCA Mark I sviluppato dagli americani Harry F. Olson e Herbert Belar. Il suono proveniva da 12 diapason che venivano stimolati elettromagneticamente.

Uno dei primi sintetizzatori che sarebbero stati riconosciuti come tali dai musicisti moderni è, giustappunto, il moog. 



L'interesse per la generazione e la modulazione del suono elettronico era antico quanto l'elettricità stessa, tuttavia la modulazione sonora mediante oscillatori, filtri e amplificatori non venne usata, in musica, prima degli Anni Cinquanta. Mentre già allora il compositore Karlheinz Stockhausen poteva sperimentare elettronicamente negli studi della WDR di Colonia (ben stipendiato), gli americani Robert A. Moog e Donald Buchla svilupparono i primi sintetizzatori modulari - indipendentemente l'uno dall'altro - all'inizio dei Sessanta, in America. Caratteristica di questi nuovi strumenti: essi erano, se non altro, ragionevolmente trasportabili! Tutti gli elementi e i singoli "banchi" e ciascuna stazione o ciascun modulo si trovavano in un alloggiamento comune e potevano essere combinati tra di essi con collegamenti a spinotto: eccolo, il sintetizzatore analogico!



Per arrivare fin qui però occorre riandare ancora una volta indietro, nel passato: si, al theremin, ma soprattutto al sequencer elettromeccanico dal nome "Wall of Sound" costruito da Raymond Scott, il quale probabilmente fu il primo vero compositore di musica elettronica (suono e ritmo entrambi artificiali) servendosi dello strumento da lui ideato. 

 Wall of Sound


Per Moog, i contatti con Raymond Scott, che era di ventisei anni più anziano, furono molto ma molto importanti per capire in che direzione doveva svilupparsi il proprio sintetizzatore.

E fondamentale, se non vitale, risultò l'incontro con Herbert Deutsch. Deutsch fu un partner inestimabile per Bob Moog per il miglioramento dello strumento e il suo uso effettivo. Egli fu peraltro il musicista che compose il primo brano musicale in assoluto per moog. Deutsch suggerì all'amico-collega ingegnere l'impiego dell'interfaccia della tastiera, insieme ad altre utilità. Rappresentò, per Moog, un solido collaboratore e il suo ruolo oggi è riconosciuto come quello di pioniere a pieno titolo.

Nel CD del 2012 From Moog to Mac, Herbert Deutsch ripercorre cinquant’anni di esperienza musicale elettronica.




Moog: “Il sintetizzatore moog avrebbe dovuto collegarsi al classico studio di registrazione di un Karlheinz Stockhausen, di un Pierre Boulez e un Pierre Schaeffer in Francia o di un Vladimir Ussachevsky negli Stati Uniti. Il tipico studio di registrazione era allora dotato di vari strumenti atti a generare il suono elettronico e a mutarlo. I suoni venivano registrati su nastro, potevano essere riprodotti al contrario e in più si poteva manipolare la velocità del nastro... I musicisti con cui ho lavorato vantavano tutti un'esperienza negli studi di registrazione. Volevo offrire loro maggiore opzioni per generare il suono e alterarlo... grazie a uno strumento rinchiuso in una sola, pratica scatola". (Questa scatola sarebbe stato il minimoog, come vedremo più sotto.)

Il suono del moog alla fine di "Lucky Man", ballata antibellica del formidabile trio Emerson, Lake & Palmer, attirò l'attenzione generale sullo strumento. Fino all'ultimo giorno di vita, Robert Moog rimase amico intimo del tastierista Keith Emerson.


Ma la grande svolta, quella vera, era arrivata nel 1968 con l'LP Switched on Bach di Wendy Carlos (allora Walter Carlos). L'adattamento per sistema modulare di opere di Johann Sebastian Bach stupì piacevolmente fan ed esperti; adesso, chiunque facesse musica voleva possedere o comunque testare un sintetizzatore moog! 

Walter / Wendy Carlos

 


In onore dell'imprenditore e ingegnere statunitense Robert Arthur Moog (New York, 23 maggio 1934 – Asheville, 21 agosto 2005) e del suo sintetizzatore analogico, che aprì nuove, vaste frontiere ai musicisti di tutto il mondo, ripassiamo ancora un po' di storia musicale moderna. 

Citando Bob Moog, gli si associa quasi sempre Keith Emerson. E va bene. Ma molti tacciono il fatto che Moog, ancor prima, aveva iniziato una collaborazione con il suddetto Carlos, anche lui americano, genio della musica elettronica che avrebbe composto, tra le altre cose, la colonna sonora di Arancia meccanica (film diretto da Stanley Kubrick e tratto dal romanzo di Anthony Burgess). 




La collaborazione tra Walter/Wendy Carlos e Bob Moog portò alla realizzazione del prototipo di un sintetizzatore ideato dallo stesso musicista, il quale aveva studiato Fisica all'università di Princeton nonché musica elettronica (di cui fu docente). Sul sintetizzatore di Carlos, nacquero appunto Arancia meccanica (contenente spezzoni della Nona Sinfonia di Beethoven) e non poche variazioni avanguardistiche di composizioni di Bach.









Sempre per commemorare Moog, del quale oggi, 23 maggio, si celebra la nascita (1934):

un ancor giovane Walter (successivamente Wendy) Carlos dimostra, in questo video del 1970 scovato negli archivi della BBC, il funzionamento di un moog. 
La composizione che si sente alla fine è il secondo movimento del 4. Concerto di Brandenburgo, nella versione che Carlos inserì nel proprio album Well-Tempered Synthesizer ("Il sintetizzatore ben temperato",  a ricalcare "Il clavicembalo ben temperato" di J.S. Bach). 





L'era dei giganti finì presto, e finì grazie alla "scatola" sognata da Robert Moog: il minimoog, primo sintetizzatore cablato e maneggevole che entrò in produzione in serie nel 1970 a un costo che era alla portata del grande pubblico. La discesa in campo del minimoog fu resa possibile dall'allora nuova tecnologia IC. Con il suo pannello frontale maneggevole, l'hardware ergonomico e i suoni carismatici, il minimoog ebbe grande influenza sulla musica a venire.




Procediamo nel cammino, ricordando che oggi ricorre il genetliaco dell'ingegnere e inventore newyorchese Robert Moog. Per questo...
... ecco un bel film-docu girato per il cinquantenario del lancio commerciale del "Moog Modular Synthesizer".



Un incredibile successo mondiale ebbe, ad inizio Anni Settanta, "Popcorn", brano eseguito al moog.




Fricke: pioniere del Krautrock? Forse qualcosa di più...

(Per omaggiare Robert Moog, 23-05-1934 / 21-08-2005)

 Popol Vuh


Amante della musica elettronica, il tedesco Florian Fricke (fondatore dei Popol Vuh) fu uno dei primi a voler sfruttare le potenzialità del moog, che allora pochissimi possedevano - non solo perché caro, ma anche perché assai ingombrante. 
In Germania c'erano già diversi folletti siderali, tutti figli putativi di Karlheinz Stockhausen: Ash Ra Temple, Klaus Schulze, Tangerine Dream, gli Amon Düül, e inoltre Jane, Neu!... Tuttavia, i Popol Vuh si differenziavano per la componente misticheggiante. Se il loro tipo di musica rientrava nel Krautrock, ciò accadeva solo per via della locazione geografica della band (erano tedeschi, infine!). In realtà, nel loro caso non si può parlare neppure di rock. Le sperimentazioni dei Vuh sembrano scaturire da una cattedrale sotterranea; come Haydn in una fantasia musical-onirica di formiche tibetane. 

Già al terzo album, Fricke aveva perduto l'interesse per il moog (che cedette a Klaus Schulze). In un saggio allegato a un CD antologico sulla "Kosmische Musik", egli ribadì il potere curativo e "divino" della musica e formulò così il suo credo: “Lasciaci creare suoni che ci facciano bene, una musica che ci conduca dall'esterno verso il nostro 'io'! Lasciaci stare insieme! Pace e gioia..." 
E giusto così risuonava la musica dei Popol Vuh, soprattutto da quel momento in poi: spirituale, armoniosa, sferica, con influssi mistici dall'Estremo Oriente e non solo.



   Capitolo Battiato.
Sappiamo che Franco Battiato, durante il servizio militare - allora obbligatorio -, dovette organizzare una o più fughe dall'ospedale militare (dove era stato ricoverato dopo aver simulato un paio di mancamenti) per potere proseguire le registrazioni del suo primo album, Fetus


Fetus raccoglieva le acque di diverse sorgenti. Anzitutto il disco è dedicato allo scrittore Aldous Huxley, autore di Brave New World (romanzo distopico scritto nel 1932 e ambientato nel 2540). Altre tematiche importanti del disco (nonché di quelli successivi di "Francuzzo") provenivano dallo Zeitgeist. Eventi come la missione Apollo della NASA, l'uscita nelle sale cinematografiche del capolavoro di Kubrick 2001 - Odissea nello spazio, la pubblicazione degli album di David Bowie Space Oddity e Ziggy Stardust, furono sicuramente di grande ispirazione per il giovane Battiato. E, naturalmente, super-fondamentale fu... il sintetizzatore.
Gli strumenti elettronici di quegli anni, e parliamo degli strumenti capaci di sintetizzare il suono, costavano un occhio della testa. A meno che uno non fosse sposato con una ricca ereditiera (Florian Fricke, il leader dei Popol Vuh, lo era) o non trovasse una milionaria pronta a finanziarlo per puro spirito mecenate (la fortuna capitò a Eberhard Schoener, altro rappresentante tedesco della musica elettronica, il quale collaborò tra gli altri con i Tangerine Dream), era praticamente impossibile permettersi quel gigantesco giocattolo generante suoni. Ma poi spuntò il VCS3...





Il produttore Pino Massara (fondatore della casa discografica Bla Bla, grazie alla quale Battiato poté dare alle stampe i suoi primi LP, tutti di carattere avanguardistico) si recò a Londra esplicitamente per comprare uno dei primi tre VCS3 mai costruiti. Si trattava di sintetizzatori analogici portatili e il prezzo di lancio, relativamente basso, contribuì in seguito alla loro diffusione. Un secondo VCS3 venne acquistato dai Pink Floyd, mentre l'ultimo della "terzina" d'esordio lo tenne per sé la ditta Moog, come prototipo su cui basare la produzione in serie.

***

Esempio di Krautrock.
Embryo era un collettivo di Monaco di Baviera diretto da Christian Burchard e in cui, fino ad oggi, hanno suonato oltre 400 musicisti. In Opal, del 1970, gli Embryo forniscono un esempio di che cosa sia il Krautrock. Tra momenti free-jazz, si trovano perle psichedeliche come "You Don‘t Know What‘s Happening" (vedi video). E il resto dell'album è un trip degno dei Pink Floyd... 




Su Fetus si sente benissimo: Franco Battiato era influenzato dalla "musica cosmica" tedesca, i cui rappresentanti (Tangerine Dream - Edgar Froese -, i già citati Fricke e Schoener, Ash Ra Temple - Klaus Schulze -, Amon Düül... Embryo...) erano a loro volta ispirati non solo dal mago della musica elettronica Stockhausen, ma anche dai minimalisti americani (Riley, Cage & Co.). E, come avrebbe poi fatto Battiato, amalgamavano il tutto con il rock.
Non fu un caso che il musicista siciliano, al festival del 2000 'Il violino e la selce' di San Benedetto del Tronto, invitò anche Florian Fricke e i suoi Popol Vuh! (Appena un anno dopo, purtroppo, Fricke venne a mancare precocemente.)





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Ne In den Gärten Pharaos ("Nei giardini del Faraone"), Fricke usa ancora generosamente il moog, Già dall'album successivo, Hosianna Mantra, però, le composizioni sono dominate dal pianoforte e da strumenti acustici. Svolta dovuta al fatto che la musica elettronica non poteva esprimere, a detta del gruppo, il potenziale e la purezza spirituale racchiusa nei loro nuovi progetti...


  

Curiosità in chiusura: tutti noi diciamo "muug", ma il nome "Moog" si pronuncia, in maniera eccezionale rispetto ai canoni della lingua inglese, "mogue", poiché è di origini tedesche! Continuiamo pure a chiamare il celebre strumento come abbiamo sempre fatto, ma è bene non ignorare che il cognome dell'inventore del sintetizzatore moog si articola alla maniera di come noi chiamiamo la rivista Vogue: "mogue", già. Lo stesso Robert Moog trovò accettabile, per sé, questa diversificazione dall'inglese scolastico...