Eric Burdon si è sempre battuto per la pace, Peace, nelle sue canzoni e altrove.
Ciò vale anche per Winds of Change. I pensieri poetici del cantante degli Animals sono riassunti sulla copertina di quell'album. Era l'estate del 1967 quando uscì Winds of Change. Le parole di Burdon testimoniano di un'immediata e totale conversione sia alla musica sia agli ideali del "Californian Dream".
Eric Burdon and the Animals - Winds Of Change
Side one
"Winds of Change" (00:00)
"Poem by the Sea" (03:59)
"Paint It, Black" (Mick Jagger, Keith Richards) (06:14)
"The Black Plague" (12:14)
"Yes I Am Experienced" (18:14)
Side two
"San Franciscan Nights" (21:54)
"Man—Woman" (25.15)
"Hotel Hell" (30.34)
"Good Times" (35:33)
"Anything" (38:33)
"It's All Meat" (41:54)
Eric Burdon - vocals
Vic Briggs - guitar, piano, arrangements
John Weider - guitar, violin
Danny McCulloch - bass
Barry Jenkins - drums
Additional Personnel:
Keith Olsen - "stepped in on some tracks to deputise on bass after Danny McCulloch broke his wrist."
All songs written by Eric Burdon, Vic Briggs, John Weider, Barry Jenkins, Danny McCulloch, except where noted.
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"The House Of The Rising Sun" ha dato fama mondiale a Eric Burdon. Il quale compirà 81 anni l'11 maggio.
Insieme ai Beatles e ai Rolling Stones, Burdon e il suo gruppo, The Animals, furono tra i protagonisti più in vista dellaBritish Invasion.
Le sue radici appozzano nel R&B (rhythm and blues) e nel jazz. Da piccolo vide Louis Armstrong esibirsi in televisione: per lui fu una rivelazione, tantoché ancora oggi il jazz è una delle sue grandi passioni. Gli altri suoi beniamini sono Ray Charles e Bo Diddley, che usava ascoltare attentamente al tempo in cui lavorava nelle miniere di carbone attorno a Newcastle. "Andavo matto per la musica" ha dichiarato il cantante nel documentario Eric Burdon: Rock'n'Roll Animal, diretto dal regista austriaco Hannes Rossacher. "Qualcuno, in un jazz club della città, mi mise un microfono in mano: mi concessero di cantare una canzone. Da una canzone, divennero due. Presto furono due a sera. Quindi, iniziai a stare sul palco per mezz'ora".
Un bianco dalla voce di nero
TheAnimals si formarono nel 1962, con lui al microfono. Un anno dopo erano già la band fissa del locale alla moda Club-A-Go-Go. Sting, anch'egli di Newcastle, ricorda, in Rock'n'Roll Animal, quel periodo eccitante: "Per Newcastle, Eric & The Animals rappresentavano ciò che i Beatles rappresentavano per Liverpool e gli Stones per Londra: idoli della Beat Generation".
La band era influenzata dal R&B più di molte altre formazioni britanniche contemporanee. Il secondo singolo che pubblicarono divenne il loro primo - e maggiore - successo. Si trattava di "House of the Rising Sun", che nel 1964 si piazzò al primo posto delle classifiche di vendita.
"House of the Rising Sun"
Seguì una sfilza di hits, nel 1965: "Don't Let Me Be Misunderstood" (in 15sima posizione), "We Gotta Get Out of This Place" (al numero 13) e "It's My Life" (n. 23).
Di buon successo furono anche anche "Inside Looking Out", "See See Rider", "When I Was Young" e le canzoni di protesta "We Gotta Get Out Of This Place" e "Sky Pilot".
Dopo "When I Was Young" (del 1967), la maggior parte dei membri originali della band abbandonarono il gruppo e Burdon riformò gli Animals ("The New Animals") per registrare "San Franciscan Nights" (n. 9, 1967) nonché "Monterey" (n. 15, 1968).
Il bassista originale Chas Chandler passò alla carriera manageriale: curò gli interessi della Jimi Hendrix Experience. Burdon ben presto si sarebbe unito ai War - noti anche come Eric Burdon & War -, un gruppo jazz-rock e funk.
Amati anche negli States
La voce ringhiante di Eric Burdon e il tema delle canzoni del gruppo, incentrate sull'alienazione, sulla paranoia e su altri elementi riscontrabili nell'ansia della generazione giovanile, fecero degli Animals una delle band preferite negli U.S.A. tra quelle della prima ondata della British Invasion.
Nella sua lunga carriera, il musicista di Newcastle upon Tyne ha condiviso il palco con Chuck Berry, Otis Redding, Bruce Springsteen... Il concerto dei suoi War nel 1970 che vedeva in formazione un certo Jimi Hendrix, è tra i più leggendari della storia del pop: fu l'ultima apparizione pubblica di Hendrix, che sarebbe morto per overdose due giorni dopo.
Patti Smith e Iggy Pop hanno inserito Burdon nella lista dei loro musicisti preferiti.
Durante il suo percorso da "star del rock'n'roll", Burdon ha dovuto incassare una serie di sconfitte e gli è toccato superare diverse battute d'arresto. Tuttavia, ha sempre continuato imperterrito per la sua strada - in nome del blues e della pace.
Well my real name is actually Alfa. Mist was a name I used for a while in secondary school, no real reason...
Già da adolescente produttore hip-hop, l'interesse di Alfa Mist per il campionamento lo ha portato a scoprire il jazz e, alla fine, a imparare da solo a suonare il piano, dopo aver visto il suo insegnante di musica eseguire "Ordinary People", di John Legend.
Nato a Newham, East London, Alfa voleva inizialmente diventare calciatore, ma sua madre lo ha costretto a completare il college. Dove ha studiato composizione musicale.
Ha pubblicato il suo primo EP da solista - Nocturne - nel 2015. La sua musica mescola hip-hop e ritmi da club con l'improvvisazione jazz. Nelle sue parole: Dark, alternative jazz with elements of hip-hop and soul.
Ha collaborato con diversi musicisti, tra i quali Jordan Rakei, Yussef Dayes, Kaya Thomas-Dyke, Emmavie e Tom Misch.
Nel 2021 ha pubblicato un album intitolato Bring Backs per l'etichetta musicale indipendente americana Anti-.
Si è anche esibito al We Out Here Festival 2021 ed è stato uno dei candidati ai MOBO Awards 2021.
Ieri ho mandato a mio fratello questa comunicazione:
Domani uscirà un nuova canzone dei Pink Floyd.
La prima canzone veramente nuova da 'The Division Bell'. Con, alla voce, Andriy Khlyvnyuk, della band ucraina Boombox.
Il brano s’intitola “Hey Hey Rise Up” ed è ovviamente un’operazione che fa parte della presa di posizione di Gilmour in solidarietà al popolo ucraino.
Ecco la storia della canzone: c'entrano un canto in una piazza di Kiev deserta, una pianta chiamata viburno e la maledizione lanciata da una donna ucraina a un soldato russo.
È anche la prima volta che i Pink Floyd pubblicano un pezzo nella cui intestazione compare la dicitura “featuring”.
Oltre al leader e chitarrista David Gilmour, all’incisione ha partecipato quello che oggi è l’unico altro membro della band, il batterista Nick Mason (non è ancora nota la reazione di Roger Waters alla notizia). Al basso c’è Guy Pratt, alle tastiere Nitin Sawhney.
«Noi come altri», ha dichiarato Gilmour, che ha nuora e nipoti ucraini, «stiamo provando rabbia e frustrazione per questo vile atto in cui un pacifico e democratico Paese indipendente viene invaso e la propria gente uccisa da una delle più grandi potenze al mondo.»
"Hey Hey Rise Up" è stata registrata il 30 marzo e si basa sul canto "Oh, the Red Viburnum in the Meadow" scritto da Stepan Charnetskii, che compare tra gli autori della canzone con Gilmour e il cantante Khlyvnyuk. La pianta del viburno è un simbolo nazionale in Ucraina. Recita il testo: «Nel prato un viburno rosso si è piegato / La nostra gloriosa Ucraina è travagliata / Prenderemo quel viburno rosso e lo rialzeremo / E noi, la gloriosa Ucraina, lo rialzeremo e gioiremo».
Il canto è interamente interpretato da Khlyvnyuk, la cui voce è stata presa direttamente da un post Instagram del 27 febbraio, quando l’ha intonato, col fucile in mano, in Sofiyskaya Square a Kiev.
La risposta di mio fratello:
Ho ascoltato la versione strumentale di Gilmour, la preferisco nuda e cruda la canzone. Inoltre mi piacerebbe che si sostenessero, così come per l'Ucraina, gli altri conflitti nel mondo. Forse perché più lontani dai nostri confini, forse perché non biondi, probabile perché lontani dalla nostra cultura, riusciamo a girarci dall'altra parte.
Reunion del Pink Floyd?! Direi la band di Gilmour, lui avendo parenti ucraini si può anche impegnare in questo, ma non alzerei tanto bandiere, inni e fare tanta pubblicità. Condanniamo fortemente la guerra e Putin, ma credo che l'approccio degli USA, NATO e Europa nell'evitare il conflitto prima e nel risolverlo è stato e continua ad essere ridicolo.
Non è una bella situazione. Tutti i miei buoni pensieri sul dopo-COVID che finalmente l'uomo avrebbe capito cosa sarebbe stato utile per il pianeta e l'intera umanità sono svaniti. Siamo destinati ad annientarci, auto-annientarci. Non come la scomparsa dei dinosauri o dei micenei con la grande eruzione vulcanica nell'isola di Santorini, quindi non da "atti di Dio", così come si chiamano in giurisprudenza marittima i fenomeni terrestri, ma l'auto-annientamento a causa della malvagità dell'uomo, per l'ignoranza. Non siamo degni di stare sulla Madre Terra. L'abbiamo fortemente tradita, stuprata e derubata.
"Flussi elettrici equidistanti ci circondano adesso.
Non sei, non sai, non puoi. Ma vorresti essere immortale o essere reale?"
(Dal primo brano, "Stati Equivoci dell'Essere")
Due anni dopo Tentacles and Miracles, che ne segnò l'esordio, il sodalizio binomiale Cosimo D'Elia (C.D'E.) e Francesco Festinante ci presenta un nuovo lavoro, con testi in italiano stavolta, e l'apporto, con il suo basso fretless, del mitico Richard Sinclair (Camel, Caravan, Hatfield & the North, Caravan of Dreams). Hanno inoltre contribuito alla riuscita dell'opera seconda de Il Sogno Di Rubik: Vito Rizzi (organo, mellotron e synth su "Animali Sintropici"), Carmine Fanigliulo (violino e viola), Vincenzo Vitti (violoncello), Mino Inglese (trombone), Roberto Sacco (mix e mastering).
Trailer
Si parte con la traccia che dà il titolo all'album: "Stati Equivoci dell'Essere". Le porte si schiudono su retropassaggi cibernetici e ci ritroviamo a guardare un ego imprigionato in una gabbia di ansie, un ego che ha tuttavia voglia di riscatto. Ma come si fa a non accorgersi del "fruscio delle stelle"?...
Comincia così. E l'ultradinamica di Tentacles & Miracles non tarda a ristabilirsi già in questa canzone iniziale (assai dark nella seconda parte e che, chissà perché, ci fa pensare a Philip K. Dick) per riconfermarsi al più tardi nel secondo brano, "Animali Sintropici", tramite cui decolliamo.
"Canti e suoni trascendono,
Corpi astrali in preda a follia.
Voci urlanti, gli Assiri sono alle porte della città
Torri al cielo, lodi a Crom,
La freccia del tempo ha stregato il pensiero
Vecchi druidi raccontano storie su un regno nell'ombra
Neve e sangue nascondono l'unicità.
Se qualcosa può andar male non è detto che lo farà!
E scopro onde retrocausali che si diffondono…
(...)
Particelle subatomiche intrise di volontà,
Alice nel Quantumland e l’equazione di Dirac
E se Dio giocasse a dadi con il mondo e l'universo,
Tra un milione di varianti
Sceglierebbe gli svitati e i quanti" (...)
Scatti di Stefano D'Elia. Non fanno parte del digipak, ma rappresentano il passaggio dal protagonista del primo disco a quello - "l'omino di legno" - di Stati Equivoci dell'Essere.
Si prosegue alla grande, traccia per traccia, attraverso la piacevole singolarità dal titolo "Chanson Balladée", fino all'ultimo, lungo brano (oltre 10 minuti): un gioiello in tutto e per tutto: "Jerofante".
(...) "Siamo viaggiatori tra le dimensioni del tempo
chissà dove sei! Lontano e sfinito,
ma poco al di là c'è il mistico velo.
Il mago che è in te ancora non sa
che un umile servo può plasmare il vero.
Se potessi riascoltare i nastri del passato
per scoprire in quali corpi, in quali mondi sono nato...!" (...)
Se Tentacles and Miracles era il viaggio onirico di un gruppo di persone all'interno di un labirinto, ricerca affannosa che avveniva sotto la supervisione di "Tentaclenight" - entità antagonista ma non necessariamente un mostro da incubo -, questo Stati Equivoci dell'Esseresi presenta meno come concept e più come un'antologia di canzoni dove C.D'E. e Francesco Festinante dimostrano che non disdegnano le bizzarrie, le sperimentazioni. Il cubo di Rubik è un gioco, no? Beh, Il Sogno di Rubik non può esimersi dal giocare!
Ad esempio, Mino Inglese, batterista, è al trombone; e alle registrazioni ha partecipato anche Vito Rizzi (componente della live band) con organo, mellotron e sinth, cui si è aggiunta un'altra stravaganza: il tecnico del suono Roberto Sacco, batterista, ha voluto dare un suo contributo con i sintetizzatori. Vincenzo Vitti, un compositore chitarrista innamorato della sua telecaster, sta qui a suonare il violoncello. (Sì, ma non esageriamo: anche se un grande chitarrista sperimentatore, Vitti è comunque un violoncellista diplomato al conservatorio...)
Su "Jerofante", Festinante ha inserito un suono general midi... Roba superatissima, ma il musicista ha voluto rispolverare questa tecnica in segno di omaggio ai primi suoni "elettronici" che utilizzava al tempo del vecchio PC, PC con il quale iniziò a comporre e su cui usò via via programmi più professionali. Stiamo parlando della fine degli Anni '90. Il risultato in "Jerofante" è semplicemente sgargiante, vistosamente felice. Tanto è vero che non ci stanchiamo di riascoltare questo brano, in loop.
Le registrazioni hanno coinvolto il Nacholibre Studios di Andrea Rovetta a Cardano al Campo-Varese per il tracking voce, il Criptalie Recording Studio a Grottaglie-Taranto per le riprese di violini e viole di Carmine Fanigliulo e l'Aloora Studio di Londra per il mix e il mastering, affidati al sunnominato Roberto Sacco, che è stato anche coproduttore artistico dell'album, insieme con Francesco Festinante e Cosimo D'Elia.
La scelta di affidare parte della produzione artistica a una nuova leva da anni residente in Gran Bretagna è stata fatta allo scopo di ottenere innovazioni anche in campo sonoro.
Assecondando lo spirito di sperimentazione, la voglia di "giocare", è emersa un'altra esigenza: mentre il primo disco era cantato in inglese ma missato in Italia, Stati Equivoci dell'Essere è cantato in italiano (come da tradizione del nostro prog), però si è voluto cercare un suono più British, missandolo appunto in Inghilterra.
Dalle note del bollettino di stampa:
"Ci si proponeva di rendere l'album alquanto relaxed nelle esecuzioni, meno maniacalmente preciso rispetto a quello precedente. Per lo stesso motivo, si è optato per l'utilizzo di amplificatori valvolari ed effettistica analogica; paradossalmente, anche per la batteria!"
"Meno maniacalmente preciso..." Tuttavia lo stile è stile, l'arte è l'arte, e quello che producono D'Elia, Festinante & Amici è un lavoro che, nuovamente, diletta e sollecita i fini intenditori con i suoi tecnicismi e le invenzioni. (Basta l'ascolto di "Frattali e santi", davvero bella e flippante con i suoi effetti raffinati.) La forma "canzone" è presente, la massa potrebbe dunque prenderne e mangiarne tranquillamente (e speriamo lo faccia!), ma l'impronta stilistica del duo rimane incontaminata. L'acceleratore di particelle Il Sogno Di Rubik non tenta necessariamente di portare armonia nel caos, bensì ci fa sobbalzare sulla giostra, mentre va trasmettendo messaggi nei quali - per quanto semicriptici - ci riconosciamo benissimo o che comunque accendono una lucetta nella nostra mente.
"La tentazione è un libro sul potere e sulla vanità,
apparenze screpolate ci divorano mentre
io e te ora siamo in fuga senza respiro" ("Con le mani legate")
"E l'uomo è come un'antica piramide:
al suo interno l'universo, la sacralità" ("Frattali e santi")
e
"La terra inizia a tremare, è un'onda che arriva dal mare.
La terra inizia a tremare, è zolfo il fumo che sale.
La preda non sa dove andare. È l'uomo, si crede immortale." ("Jerofante")
L'entropia di suoni alla fin fine viene compattata dalla stupenda voce di C.D'E. (D'Elia è uno dei migliori cantanti in giro; al di là del genere prog!). Cosimo tiene il ritmo persino sull'aritmia di "Con le mani legate", uno dei due-tre pezzi migliori con il suo refrain perfetto. (Ma poi abbiamo ascoltato "Jerofante" e siamo rimasti senza parole: troppo ben riuscito!) E i sei brani offrono un quadro d'insieme, in qualche modo, e, come pentagramma, sono sapientemente vari e variegati. Certe canzoni ci arrivano addosso con una valanga inarrestabile di note, ricordando a volte il jazz-rock, la fusion, in stile King Crimson. E poi abbiamo gli intermezzi del tipo di "Frattali e santi", dove almeno c'è possibilità di tirare il fiato.
Festinante questa volta ha usato un Jaguar Bass (in Tentacles and Miracles era uno Stinger "Precision Style", quindi un basso più usato nel prog rock). Inoltre le chitarre Gibson Les Paul Custom Shop, Gibson Les Paul Signature T, Fender Stratocaster metà Anni '70, Fender Super Strat Japan '86 e acustica Martin. Amplificatori: Orange e Farfisa Anni '60
L’artwork è stato affidato all'artista fotografico Stefano D'Elia.
Stati Equivoci dell'Essere, prodotto da Vannuccio Zanella e da Il Sogno Di Rubik, è uscito oggi, 4/04/2022, per l'etichetta M.P. & Records, con le edizioni di Micio Poldo edizioni musicali e distribuzione G.T. Music Distribution.
"Simboli e croci ci guardano da vicino e da lontano.
Siamo viaggiatori tra le dimensioni del tempo.
L'incedere dei suoi passi è come un tuono a ciel sereno,
È un richiamo che nel profondo alberga nell'ombra.
Lì non si può squarciare il velo, squarciare il velo.
Lì non si può squarciare il velo, squarciare il velo."
Abbiamo a che fare con una visione modernista, e sperimentale per tanti versi, della musica rock. E della musica tout court. Un'integrazione di linguaggi diversi, senza la componente compiacente e crudelmente buffonesca dell'artista di cassetta.
Come sarebbe facile ora far partire una ballata rock! Ma la musica di Mirko Jymi rimane ricerca, e anche casualità; cosa, quest'ultima, che è un elemento non indifferente dell'avanguardia.
È un discorso comunque che vale fino a Planets. Di recente (2021) è uscito Moments of Reflection, che, pur basandosi su ambient e fusion, è sicuramente un disco tipicamente progressive rock.
First is best?Il debutto (2004) del
MirkoJymiMusicalProject
Dunque: la ricerca insita al MirkoJymiMusicalProject, al Mirko Jymi del tempo di The Trys e a quello del successivo Planets, è musica aleatoria, da una parte limitata ad alcuni parametri fissati dal compositore in partenza, dall'altra affidata alla sostenibilità e alla forza di resistenza dello strumento, degli strumenti usati. Ossia: sintetizzatori Korg, Yamaha CS-80 analog, Minimoog, Poly Moog, Hammond, Arp Odissey...
Abbiamo, a immediata disposizione, due album (in formato fisico): Distant Lands e Planets.
Se il primo CD, quello di The Trys (1995), evoca lunghi binari e foreste dense (il viaggio come esperienza centrale!), il secondo, Planets appunto, pubblicato con il moniker "MirkoJymiMusicalProject" e che ha ugualmente la caratteristica di essere di ottima fattura e contenente bellissime grafiche e un delizioso libretto, già ci fa staccare dalla Terra, ossia dall'astronave madre, e ci porta nello spazio.
Album di fusion, strumentale, contenente due tracce:
"Start Of The Journey" (12 min.)
"Distant Land Suite" (41 min.)
a) Set put on a long Journey
b) Long Trail -- Dense Woods
d) An enchantnebt of streams
e) Deer Wolves Eagles, Watching You
f) The Journey Continues
g) Fatigue Makes Itself Felt
h) Finally Break
i) Resume The Journey
l) End Of The Journey Peace
Ci sono molte figure musicali completamente sconosciute al grande pubblico ma importanti perché hanno contribuito e contribuiscono all'evoluzione della musica. In questo album del 1995, Mirko Jymi mostra già l'uso anticonvenzionale di ritmo, melodia e armonia. In pratica, l'artista ha accorciato la scala dei suoni... nel contempo esplorandola in profondità.
Tu pensi: wow, qui siamo tra Schönberg e Shostakovich! Poi parte il secondo brano - che è in realtà una lunga suite suddivisa in 10 parti - e il tuo udito avvezzo al pop già si allieta per l'inizio che fa pensare a qualche brano dalla melodia corrente, orecchiabile, ma anche in questo caso: la melodia c'è, però insiste su dissonanze. È una ricerca seria, seriosa, con brani che a tratti defineresti monocordi - su scala locria - ma che vanno a svilupparsi in maniera sorprendente. Tutto molto creativo, artistico. E, pian piano, la parte colta e curiosa di te torna a svegliarsi.
Tra vibrafoni e chitarre sintetiche, tra mugugni e ululati di questo o quel moog e parti corali varie, si sentono il basso di Enrico Antonelli (anche Moog Taurus, effetti sonori) e la batteria e le percussioni di Marco Alberti. Jymi stesso suona sintetizzatori Korg, Yamaha CS-80 analog, Minimoog, Poly Moog, Hammond, Arp Odissey, piano elettrico, clavinet (il cui suono è analogo a quello della chitarra elettrica), vibrafono, chitarra elettrica Steinberg, basso, loops, effetti...
Il primo brano ha già tutte le caratteristiche della musica classica moderna, dicevamo. Non mancano le atonalità; eppure, qua e là vengono a inserirsi linee di melodie e ben sonanti triadi. Ma il viaggio vero "decolla" con "Set put on a long Journey", la prima delle dieci sezioni della suite.
Mentre finora era stata lasciata da parte, apposta, la risoluzione cadenzale, e avevamo registrato l'insistere sulla nota iniziale (che dà l'impronta all'intera composizione), qua abbiamo una virata verso soluzioni di bellezza, anche se ricercata. Ma non illudetevi che si vada a parare sul regalo di un easy listening! Valvole rotative e qualche componente di metallurgia producono bits e bytes di musica che rimane - sì - recherche. E che ci fa riflettere sulla correlazione tra l'udito e gli altri sensi.
È, insomma, un'opposizione voluta e cosciente alla musica leggera o musica popolare. Si tratta di inni e canti assolutamente riconoscibili come moderni, e non solo per l'impiego dell'elettronica. Eppure, nel vento dei suoni pare di ascoltare qualche zufolo assiro-babilonese, qualche lyra. Il satiro suona, appare, poi torna a nascondersi...
Anche Planets (c'è, nella confezione, insieme al CD audio, pure il DVD, che è pieno di immagini futuristiche e spaziali, per aumentare l'esperienza di assimilazione) è chiaramente ricerca; ricerca di un metodo che riconosce - come scrittura convenzionale - solo il tempo, semmai, e dà voce soprattutto agli strumenti elettrofoni. Questo prodotto, come quell'altro, si stacca dalla pretesa di semplice musica cameristica per dare voce a paesaggi, dimensioni polifone, fughe piene di colori. Con meno sonate sciancate e più paesaggi sferici.
Inizia con 4 minuti di ascesa lenta, tra piccole scosse, microsismi, prima che "Cybernetics Part I" assuma una chiara connotazione prog. Si interrompe bruscamente (come se il nastro fosse stato tranciato di netto) e parte "Cybernetics Part II" con ben altri suoni: adesso siamo in un luogo di metallo, ci sono i cigolii di un'astronave e pure qui, a 1:22, parte un jazzrock / prog-jazz di buona fattura. ancora un'interruzione brusca e comincia una sinfonia ariosa: "The Space".
L'opera prosegue così, con entrate e uscite non scontate. Una musica abbastanza varia e immaginifica, certo, sempre sotto l'egida di macchine neuroinformatiche e del "trip" attraverso il nostro sistema solare e oltre. (Godetevi il DVD, ove la grafica - un susseguirsi di diapositive - fa il paio con i suoni.)
Conversazione con l'artista
Mirko Jymi, tastierista italo-brasiliano, ci illustra con simpatico accento romanesco:
MirkoJymiMusicalProject è il mio progetto ambient e risale al 2004. Lo sto rispolverando... Sono inoltre impegnato nella ristampa degli album di The Trys, la mia vecchia band, e ho iniziato una buona collaborazione con Alessandro Serravalle[N.d.R.: chitarrista, tastierista, cantante... vedi Officina F.lli Serravalle, Garden Wall, Il Testamento Degli Arcadi et alia]. Per il 2022, spero di concretizzare un grande progetto jazz rock fusion che ho in mente da un po’ e che vede la collaborazione di famosi artisti internazionali.
Nota:
Mirko fa la spola tra Roma e Salvador de Bahia (e anche Sao Paolo). Ed è spesso il Brasile a dargli ispirazione per i suoi nuovi progetti. Tra le collaborazioni "italiane", oltre ad Alessandro Serravalle Mirko ha contatti con Francesco Chiummento, l'ultimo disco del quale è stato prodotto dallo stesso Mirko Jymi oltre che da Paolo Ricca e Alex Catania. Inoltre, c'è in vista la pubblicazione su vinile di molti suoi lavori, e un DVD dei vari 'live'.
Tra una domanda e l'altra al Maestro, torniamo ad ascoltare un po' della sua musica. Ora è come uno scivolare nello spazio ove qua e là si coglie lo stridore della navicella, con cambiamenti quasi impercettibili nella trama dei bits e bytes. E poi ci sono brani come "Improvisation Part 3" di grande forza immaginativa, con il modularsi di sottotrame che arricchiscono il "motivo" principale, in uno sbocciare di sempre nuovi rami. Non più ambient ma già prog-rock. Un elettro-viaggio. Con le note sostenute a punteggiare il ritmo, nello svilupparsi di pattern nuovi.
La sua musica è una gioia per gli audiofili: con questi prodotti sonori, si potrebbero mettere alla prova i diversi sistemi di riproduzione... a parte farne il soundtrack delle nostre attività quotidiane.
The Trys, dall'album Darkness del 1993.
Con Marco Alberti (drums and percussion) ed Enrico Antonelli (bass, guitars, Moog Taurus, effects)
"Life On Mars" (dall'albumPlanets, 2020)
MirkoJymiMusicalProject - "Tribal Dance"
Dice Mirko:
Cerco sempre di spaziare tra vari generi... come tra l’altro ho sempre fatto nel corso della mia carriera. L’idea per Moments of Reflection mi è venuta una sera in studio in Brasile mentre facevo dei fraseggi al pianoforte. Ero lì quando così all’improvviso ho deciso che avrei fatto un album strumentale di progressive rock.
Prende quindi a parlare del mondo della musica secondo il suo punto di vista di viaggiatore e abitatore di due diversi continenti.
In Italia si va avanti con cover e minestre riscaldate, come si suol dire. In Brasile è diverso. Come mai ho lasciato l'Italia? Come mai ho optato per il Brasile, e anche per i mercati di Germania, Giappone, di tutto il Sud America...? Perché lì fanno versioni di musica Anni '70, '80, '90 e poi arrivano però ai nostri giorni. Quindi, danno la precedenza ad artisti e gruppi moderni e... fanno suonare! In quei Paesi fanno suonare! Poi, certo, è anche bello che ti incontri con il celebre artista brasiliano della psichedelia e del progressive che andava forte in Brasile negli Anni Settanta, okay, bellissimo, però lì si dà spazio alle band meno conosciute. Appunto: il contrario dell'Italia, dove questa cosa non si fa assolutamente. L'Italia... sta distruggendo la musica! In Italia ci si lamenta che "non c'è niente, non c'è niente...". Non è vero: gli artisti ci sono! Ma se non li fanno ascoltare, se non li sponsorizzano, se non gli danno spazio... è normale che non emergeranno mai! Nessuno sa che esistono. Se ancora il sistema italiano degli spettacoli continua con questi gruppi i cui componenti hanno ottant'anni, anziché lasciare il passo alle nuove leve che fanno musica - e alcuni sono musicisti coi controcoglioni, come dicono a Roma, io lo so perché li conosco, li ho ascoltati... - è evidente che non va, che non funziona nulla. I miei sono concetti chiari, credo. Sono anni che mi batto per questa cosa qui!
Fare molta ricerca, fermarsi, studiare. Ecco il nostro compito! Altrimenti si sforna sempre lo stesso prodotto. Io faccio di continuo cose diverse. Oggi, tutte queste band post-rock metal eccetera sembrano lo stesso gruppo! Alla fine, cambia solo il nome. Suonano tutte in maniera uguale. Prendine dieci, di band prog-metal: seguono lo stesso genere, lo stesso filone di musica e non riesci a distinguerle. Di contro io, ogni mio progetto cerco di farlo diverso dal precedente. Altrimenti tralascerei di fare musica, di suonare musica; me ne andrei al mare (sogghigna). Capisci? Lascerei perdere. Questo è il punto, ecco. Siete voi blogger e siete voi pubblico a dare soddisfazione. Noi facciamo musica e cerchiamo di dare il nostro meglio. Quando tornerò in Italia, riprenderò un certo progetto che ho in mente e che voglio portare avanti con Gianni Nocenzi. Un progetto che riguarda band italiane. Band che nessuno se le fila, band che cercano di fare cose interessanti, cose nuove, cose inedite. I F.lli Serravalle sono tra questi gruppi. Noi vogliamo fare una selezione di band, iniziando da Roma e via via esplorando altre aree geografiche. Cercare di farle suonare dal vivo. Basta con questi complessi Anni Ottanta, basta! Hanno fatto la loro parte e ora... che se ne andassero in pensione! Non si può andare avanti seguendo la medesima falsariga. Sempre gli stessi festival, sempre gli stessi artisti e le stesse band... con gente sul palco di 70 anni o più. È abbastanza, adesso! Bisogna dare spazio ad artisti che fanno vera musica. Musica innovativa. Inedita, soprattutto. Non minestre riscaldate di mezzo secolo fa. Ecco il mio parere. E queste idee le porto avanti, le sto portando avanti.
Ti racconto un aneddoto: quando parlai con Klaus Schulze, che conobbi a un concerto (anche merito del mio manager. Fu quando stavo con la Cyclops Records: il mio manager conosceva il manager di Klaus Schulze e ci ha fatti incontrare), io stavo in concerto e lui, Schulze, mi spiegava come mai aveva abbandonato i Tangerine Dream. È andato avanti per un po' a fare musica per poi fermarsi; perché sulla musica ambient, quella che facevano loro, alla fine ti fermi, sennò rischi di fare tutti i progetti molto simili l'uno all'altro, praticamente identici. Infatti, pure i Tangerine Dream alla fine si son persi, così come Klaus Schulze stesso. Lui me lo ha detto, personalmente. Ha spesso, per anni, studiato, fatto ricerca, innovazione, per poi pubblicare nuovi progetti. Non erano idee innovative al 100% le sue ma, diciamo, abbastanza innovative. Quindi - capisci? - lui ha cambiato direzione, mentre nel contempo i Tangerine Dream sfornavano album su album, sì, dischi carini, ma alla fine tutti uguali. Ci intendiamo sul senso del mio discorso? Stando all'avanguardia, io non sono rimasto fermo alle sonorità Anni Settanta. Nel progetto che sto portando avanti con Alessando [N.d.R.: Alessandro Serravalle], usiamo entrambi synth, loops, strumentazione moderna, Korg, Yamaha...
Intervistatore: Ad ascoltare i brani che mi hai spedito, sembra di sentire una band intera! Un ensemble di più persone.
Certo, noi suoniamo persino bass e drums. Dal vivo, nonché sui miei album Planets e Moments of Reflection, ho due turnisti, sia in studio sia live, due musicisti bravi - il batterista ha suonato con Sergio Mendes... Per fare il polistrumentista e mixare le varie registrazioni occorre avere un background niente male, sai? Il tutto richiede grande impegno e tanto studio. Anche perché sulla musica ambient ti puoi sbizzarrire come vuoi, come facevano i grandi maestri, i pionieri. Ci sono brani con looper, con sequencer, samples, suoni speciali, effetti sonori... Se ascolti il concept album Planets, noterai forse che contiene brani che ho suonato con la band e altri unicamente miei, dove uso la batteria elettronica... che però sembra vera! Ciò richiede studi, anni e anni di ricerche.
Già uscito: l'EP Moments of Reflection
(Disco che va in una direzione diversa da quella di Planets, Moments of Reflection è molto più chitarristico e progressive.)
"More adventurous and daring than anything Arena, IQ or Pendragon."
Released October 27, 2021
Drifting Sun nel 2015...
... e oggi
La formazione dei Drifting Sun:
Jargon - Vocals; Keyboards on track 6
Mathieu Spaeter - Guitars
Pat Sanders - Keyboards
John Jowitt - Bass
Jimmy Pallagrosi - Drums
Eric Bouillette - Violin on tracks 1 & 5; Guitars on track 7
Ben Bell - Hammond solo on track 3
Gareth Cole - Guitars on track 4
Mixed and mastered by Leonidas Petropoulos
Artwork by Dimitris Tzortzis
Breve storia di questo gruppo
La band - inizialmente chiamata "Drama" - venne formata a Chesham, UK, nel 1994 ca. da due francesi emigrati in Inghilterra: Pat Sanders (tastiere) e Manu Sibona (basso; poi sostituito allo strumento da John Jowitt). Dopo uno iato di ben 14 anni (dal 1999 al 2013), il gruppo è stato rifondato nel 2014.
Una delle caratteristiche è che, agli esordi, il cantante era un americano: Rafe Pomeroy prima, Chris Martini subito dopo di lui. Per l'ultimo, grandioso album, Sanders ha optato per un vocalist di origine greca: Jargon (nome d'arte di John Kosmidis), attivo soprattutto nel proprio progetto Verbal Delirium.
Trent'anni di attività e sette album in studio per i Drifting Sun, ensemble prog semplicemente superbo!