"Wonderjazz!" a tutti. Oggi (domenica, giorno dedicato al jazz...) Topolàin vuole ricapitolare un po'. Riassumiamo qui le biografie di 10 giganti del jazz. Si tratta degli stessi nomi indicati su un articolo del londinese The Guardian, che noi, per comodità, usiamo come "carta carbone"--- ovviamente con un testo tutto nostro.
Charles Mingus 1922-79
Contrabassista innovativo, di mole non indifferente, fu sul palco insieme a gente come Charlie Parker, Miles Davis, Dizzy Gillespie, Bud Powell e tanti altri protagonisti del be bop, ovvero di una delle grandi rivoluzioni musicali del secolo scorso. La produzione instancabile di questo "angry man" del jazz sarebbe servita da colonna sonora anche ad altre rivoluzioni, negli Anni 50 e 60... Nato a Nogales (una cittadina della contea di Santa Cruz, in Arizona), fu ossessionato dagli atteggiamenti di razzismo nei suoi confronti da parte sia di bianchi che di neri, per via delle sue origini meticce. Fu uno dei primi a fondere musica e politica nei propri brani. Le sue composizioni racchiudono le gioie e i tormenti di tutta una vita. La morte per malattia del giovane bassista Eric Dolphy, avvenuta nel 1964, è uno shock per Mingus, e, dopo un paio di insuccessi organizzativi, il musicista si ritira nel suo guscio di psicofarmaci fino alla fine del decennio. Negli Anni Settanta torna lentamente sulla breccia con un nuovo gruppo e nuove composizioni estese (Changes One / Changes Two, con George Adams, Don Pullen, Jack Walrath e Dannie Richmond). Una volta, in un'intervista, un giornalista gli domandò come mai, se era ossessionato dalla questione del razzismo, nella sua band avesse assunto un bianco, ovvero Charlie Mariano; e Mingus rispose: "Ma Mariano non è un bianco. È un italiano!"
Nel 1977 gli venne diagnosticato il morbo di Lou Gehrig e, nonostante gli sforzi e i tentativi con una leggendaria guaritrice messicana, Charlie Mingus soccombette il 5 gennaio 1979, all'età di 56 anni, in quel di Cuernavaca (Mexico). Un progetto musicale congiunto con la cantautrice canadese Joni Mitchell, alla quale aveva affidato alcune musiche (compresa "Goodbye Pork Pie Hat") perché lei ne scrivesse le parole, venne portato a termine dalla stessa Mitchell, ed è significativamente intitolato Mingus.
Nel 1977 gli venne diagnosticato il morbo di Lou Gehrig e, nonostante gli sforzi e i tentativi con una leggendaria guaritrice messicana, Charlie Mingus soccombette il 5 gennaio 1979, all'età di 56 anni, in quel di Cuernavaca (Mexico). Un progetto musicale congiunto con la cantautrice canadese Joni Mitchell, alla quale aveva affidato alcune musiche (compresa "Goodbye Pork Pie Hat") perché lei ne scrivesse le parole, venne portato a termine dalla stessa Mitchell, ed è significativamente intitolato Mingus.
John Coltrane 1926-67
Partito dal villaggio di Hamlet nella Carolina del Nord ("hamlet" significa giusto questo: "villaggio"...), Coltrane sarebbe arrivato a incantare il mondo intero, affermandosi come uno dei massimi talenti di sempre della musica afroamericana. Si spense prematuramente (a 40 anni) in quel della Big Apple, non senza però aver fatto in tempo a vivere intensamente - nel bene e nel male - e ad arrecare nella musica jazz una spiritualità vicina al buddhismo. L'Enciclopedia Treccani riporta di lui:
"Strumentista di eccezionali doti tecnico-espressive, sviluppò sia al sax tenore sia al soprano uno stile improvvisativo di grande originalità, che contribuì in maniera decisiva all'evoluzione del moderno linguaggio jazzistico. Dall'iniziale adozione degli stilemi esecutivi proprî dell'hard bop approdò, nell'ultima parte della sua vita, alla formulazione di una personale poetica anticipatrice del free jazz."
Uno dei suoi capolavori è A Love Supreme, del 1965. Ma, per rendere davvero giustizia alla sua bravura, occorrerebbe citarne l'intera discografia.
Mary Lou Williams 1910-81
La vita e le opere di Mary Lou abbracciano l'intera storia del jazz. Partì dallo swing e andò spostandosi, decennio per decennio, nelle varie nuove correnti, arrivando a fare musica modale negli Anni 70 e approdando infine all'avanguardia. Con una bella crisi religiosa nel mezzo! Fu sposata due volte, con altrettanti musicisti: John Williams - da cui divorziò - e Harold "Shorty" Baker - altro matrimonio finito presto, ma in tal caso non risulta esserci stato divorzio. Fantastica compositrice ed esecutrice, arrivò a creare una propria etichetta discorafica: la Mary Records, prima label fondata da una donna.
Herbie Hancock 1940-
Il pianista (o, meglio, tastierista, dato che suona anche i sintetizzatori) di Chicago vanta una dozzina di Grammy Awards (oltre a tutti gli altri premi), uno sconfinato numero di registrazioni a proprio nome e ha suonato in almeno 13 dischi di Miles Davis... oltre ad aver collaborato con Quincy Jones, Jaco Pastorius, Wayne Shorter, Stevie Wonder et alia. Le disparate biografie lo indicano come "compositore, tastierista, bandleader e attore". Attore? Eh sì, perché ha interpretato il ruolo di Ministro della Difesa nel film Valerian e la città dei mille pianeti (Valérian et la Cité des mille planètes, 2017), di Luc Besson. Una curiosità, quest'ultima, che non deve farci dimenticare la vera importanza di Hancock: l'aver saputo fondere i generi funk, soul e pop. (Vedi l'album Head Hunters.) Ha realizzato diversi progetti di musica elettronica e altri più vicini alla disco music.
Nat King Cole 1919-65
Cantante-pianista con oltre 100 canzoni entrate nella hit parade. Fu presente in moltissimi show televisivi e il suo trio servì da modello a numerose piccole ensembles che ne ricalcarono le orme. La sua voce è semplicemente adorabile, come le melodie che proponeva (e che sono diventate evergreen). È il padre di Natalie Cole.
Miles Davis 1926-91
Il Miles Davis più celebre è quello di Kind of Blue (1959; il disco jazz più venduto di sempre) ma, per questioni anagrafiche, le generazioni attuali conoscono soprattutto il Miles Davis dell'era Bitches Brew (tardi Anni 60). È musica difficile da capire, quest'ultima, inaccessibile ai più. Sono suoni che si bilanciano tra lo snobbistico e il rivoluzionario. Lo jazz psichedelico e quello più cool proposto dall'"Electric Miles" (1968-75) e reiterato fino alla sua morte, rappresentò per molti giovani americani - e non solo per loro - uno shock culturale. Una cosa era leggere nella propria stanzetta gli scrittori e i poeti della Beat Generation, già digeribilissimi un paio di decenni dopo la loro prima uscita, un'altra era cercare di sentirsi bene ascoltando quei fraseggi in sottofondo, a volte astrali, più spesso astratti. Era come saltare a piè pari dalla sigarettuccia di marijuana all'eroina pura. Eppure, i dischi di Davis vendevano... anche se non quanto la musica rock; e tuttora vendono.
Keith Jarrett 1945-
Ancora un nome legato a Davis. Ma la carriera di questo pianista della Pennsylvania (nato da una famiglia multietnica originaria dell'Ungheria) era iniziata - iniziata sul serio - con Art Blakey e i Jazz Messengers (gospel, blues), per continuare nel quartetto di Charles Lloyd. Sotto Miles Davis, Jarrett suonò il piano elettrico e l'organo elettrico, in alternanza con Chick Corea. Verso la fine del 1971 però lasciò il gruppo, a causa dell'antipatia che covava nei confronti della musica e degli strumenti elettronici e perché non era pienamente d'accordo con le scelte compositive di Davis. Keith Jarrett è considerato uno dei migliori improvvisatori al pianoforte. Il suo successo commerciale è dovuto anche alla sua abilità di saltare da un genere all'altro: ha infatti inciso molti dischi di musica classica ed è stato sul palco e in studio di registrazione con musicisti rock. Jarrett è protagonista di una curiosa controversia: in più di un'occasione, durante i concerti, ha preteso il più assoluto silenzio, anche con un certo nervosismo; ha dichiarato di mal sopportare il fumo e il rumore durante l'esecuzione dei brani e di sentirsi disturbato dai colpi di tosse e dai troppo vigorosi applausi. Durante la sua esibizione a Umbria Jazz 2013, è giunto a suonare al buio più completo, rivolgendo le spalle al pubblico.
È nota inoltre la sua avversione verso il tradizionalismo di Wynton Marsalis (vedi più giù).
È nota inoltre la sua avversione verso il tradizionalismo di Wynton Marsalis (vedi più giù).
Kurt Elling 1967-
Close Your Eyes (1995, etichetta Blue Note) fu il suo esordio come cantante jazz. Colpirono immediatamente la voce baritonale, con le quattro ottave di estensione, la sillabazione fluida e l'assoluto controllo della tecnica scat. Tra il 1997 e il 2003 pubblicò, sempre per la Blue Note, altri sei album, due dei quali dal vivo. Poi si è legato alla Concord Records.
Suoi collaboratori fissi sono il pianista Laurence Hobgood e il contrabassista Rob Amster, mentre il batterista del trio d'accompagnamento viene cambiato di volta in volta.
Suoi collaboratori fissi sono il pianista Laurence Hobgood e il contrabassista Rob Amster, mentre il batterista del trio d'accompagnamento viene cambiato di volta in volta.
Thelonious Monk 1917-82
È considerato uno dei pionieri del be bop insieme a Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Charlie Christian e Kenny Clarke. Durante la gioventù ebbe la fortuna di vedere New York trasformarsi in una metropoli jazzistica e il suo modo di suonare venne influenzato da Duke Ellington, Fats Waller, Earl Hines e dal pianista "stride" James P. Johnson, che abitava nel vicinato. (Lo "stride" è una tecnica di improvvisazione solista che risale al periodo ragtime.) Apparentemente si direbbe che Thelonious Monk sia un minimalista, uno che preme i tasti bianchi-e-neri come un fanciullo. Ma ascoltatelo meglio: coglierete un universo complesso, il vero cuore della cultura afroamericana.
Wynton Marsalis 1961-
"Il Duke Ellington del 21. secolo"
Wynton Learson Marsalis, nato a New Orleans il 18 ottobre 1961, è uno dei più noti trombettisti contemporanei. E, sicuramente, un importante ambasciatore del jazz... nonostante tutte le polemiche.È il secondo di sei figli di Ellis Marsalis (un pianista jazz). L'attitudine alla musica si mostrò prestissimo in lui; iniziò a suonare la tromba a 12 anni e a 14 già si esibiva con la New Orleans Philharmonic. Dopo queste e altre esperienze di jazz tradizionale, nel 1980 (19enne) entrò a far parte degli Art Blakey's Jazz Messengers.
Dal 1982 è attivo come docente.
Viene considerato un portavoce del polo "conservatore" del jazz; Wynton infatti rigetta gli sviluppi stilistici succedutisi dalla fine degli Anni Sessanta in poi (free jazz, fusion ecc.). Tali idee tuttavia non gli hanno impedito di partecipare all'album Epitaph di Charlie Mingus (etichettato "third stream": nodo di congiunzione tra la Nuova Musica - Neue Musik [John Cage, Stockhausen, Terry Riley e dintorni] - e il jazz moderno o modern jazz [be bop, jazz modale ecc.]) così come a Lush Life: The Music of Billy Strayhorn di Joe Henderson.
In qualità di insegnante al Lincoln Center di New York ("Our mission is to preserve our national music: jazz!"), acquistò abbastanza prestigio negli Anni Novanta.
Uno dei suoi più celebri sostenitori è il musicista e scrittore Stanley Crouch, il quale afferma che solo la musica che affonda le sue radici nello swing può chiamarsi "jazz". Una visione alquanto ristretta del genere, e difatti tale opinione viene condannata da numerose eminenze del jazz: Scott Yanow in primis, ma anche il trombettista Lester Bowie, il pianista Keith Jarrett e altri.
Al New York Times Magazine Jarrett dichiarò nel 1997: "Non ho mai sentito qualcosa suonata da Wynton che significhi veramente qualcosa! Non ha né voce né presenza. Al massimo, riesce a suonare come un talentuoso insegnante delle superiori". Per Lester Bowie, Wynton Marsalis è addirittura uno "scervellato", un "malato di mente" "intrappolato in certe sue idee venutegli quando aveva 21 anni, dopo che lo hanno pagato per farsele venire".
Wynton si è attirato persino degli insulti dopo aver affermato che Miles Davis "ha tradito il jazz con il rock" e che "veste come un buffone". Tra lui e Davis nacque un tragicomico battibecco che durò anni... Pierre Sprey, presidente dell'etichetta Mapleshade Records, chiosò nel 2001: "A 21 anni Marsalis era un bravo suonatore di tromba, ma nel gruppo di Art Blakey i colleghi lo surclassavano sera dopo sera. Lui non poteva competere, ecco perché si ritirò verso acque sicure! È un buon trombettista classico, perciò pretende che il jazz sia musica classica. Non ha nessuna idea dell'evoluzione senza fine..."
Wynton Marsalis ha collaborato a un programma televisivo sul jazz realizzato dal famoso documentarista Ken Burns, programma anch'esso criticato perché snobbava l'avant-garde. (Il film, intitolato semplicemente Jazz - 2001 -, si concentra principalmente sulle figure di Duke Ellington e Louis Armstrong...)
Wynton Marsalis, che ha vinto ben nove premi Grammy e un Pulitzer per la musica, collabora con la CBS fin dal 2012.
Suo fratello maggiore è il sassofonista Branford Marsalis, specializzato in cross over (Branford ha suonato, tra gli altri, con Sting).
Ecco un libro dove si racconta la storia del jazz (Amazon. / Ed. Mondadori)
Album mitico: Kind of Blue. Vi suonò anche Coltrane.
Per la Feltrinelli è uscito Come il jazz può cambiarti la vita di Wynton Marsalis.
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