Ma cosa sono? Una coppietta pop? Un duo antisistema à la White Stripes?
Diciamo che proprio "antisistema" non sono, e che ci sanno fare. Incredibilmente, partirono dalla scena indie e, per essere esatti, dalla provincialissima Akron, Ohio. Ma è questa la procedura. All'inizio ci si rinchiude in uno scantinato o garage e, quando gli amici ci informano che abbiamo trovato il suono giusto, ci si trasferisce dove ci sono gli studi e dove risiedono i media che contano, e si inizia a rompere le orecchie a critici e altri esperti con le canzonette e canzonacce da noi composte, nel frattempo maturate e diventate un po' più arrabbiate e/o raffinate.
Questi brani, a ben sentire, non sono nulla di particolarmente nuovo (parliamoci chiaro: non abbiamo a che fare con i Led Zeppelin, i King Crimson, The Clash o i R.E.M.), ma soddisfano sia le ragazzine amanti delle canzoni easy sia i ragazzotti che sono soliti scuotere le capigliature sotto i numerosi decibel di chitarre acide (non importa quale sia il messaggio in sottofondo) e che combattono con o contro i fantasmi diabolici della loro vita e... di un tempo non proprio loro.
Echi di decenni che furonoe che rivivono nell'atmosfera e nelle parole di oggi: ecco "Ten Cent Pistol", dall'album Brothers (2010).
Tutte le canzoni di Brothers sono in pratica altrettanti successi da hit parade. Quella sottostante è "Howling for You".
"I must admit, I can't explain..."E poi:
"Da-da da-da da, da-da da-da da. Da-da da-da da, da-da da-da da."(Ad libitum.) Geniale!
"Run Right Back" dall'album El Camino (2011).
Nel video che segue: "Weight of Love". Con Turn Blue, disco del 2014, The Black Keys si presentano incredibilmente maturi. Piazzano un ennesimo colpo sicuro. E... poi si prenderanno una pausa di ben cinque anni!
Letto su Twitter:
Dove ordinarli? Nel pop? Nel pop-rock? E sia! Ma sono okay. Sentite come escono, dai frames ordinari, gli strumenti in questa (ennesima) loro "canzonetta".Dagli USA con (gentile) pazzia: The Black Keys. "Psychotic Girl".
"Lonely Boy", premiata con un Grammy, si avvale della collaborazione di Dr. John and the Preservation Hall Jazz Band.
La chiave del successo
The Black Keys alias "I Tasti Neri" fanno benissimo la spaccata e mischiano un duro bluesrock (tra le influenze di Dan Auerbach, il chitarrista e cantante, spiccano Junior Kimbrough, Howlin' Wolf e Robert Johnson) con inni da pub e titoli da Top 20. Auerbach e Carney (Patrick Carney, il batterista oggi rotondetto) sono amici di gioventù e iniziarono a suonare insieme ai tempi del college. Si tratta di mestieranti dunque, e quando verso il 2010 ci fu la seconda ondata del revival del garage rock, loro passarono dai club oscuri alle grandi arene.
Fu con il sesto album, Brothers (proprio del 2010) che si affermarono. The Black Keys continuano a venire etichettati "alternative artists" e come tali contano tuttora, sebbene siano divenuti (non del tutto contro la propria volontà!) un gruppo mainstream.
"Little Black Submarine". La melodia non vi ricorda quache cosa?
E adesso abbiamo il loro nuovo prodotto. Let's Rock. E, davvero, l'asticella viene alzata e chi ama il disimpegno deve un po' farsi da parte, perché qua Carney & Auerbach si riprendono il pubblico "vecchio", quello che sentiva di soffrire di uno iato divenuto ormai cronico (oh, quanto sono lontane le band storiche!) e che può ritrovare con The Black Keys (e grazie a una buona manciata di diverse altre formazioni, sicuro) dimensioni credute ormai svanite oppure smangiucchiate da qualche virus psicotico.
"Shine A Little Light" dall'album (è il nono) Let's Rock (2019). Beh, il motivo è facilone anche qui, ma il suono hard tiene.
Facit: buona band. La si può ascoltare per ore. The Black Keys hanno già fatto più volte il pienone in Europa e Nord America (e sicuramente anche altrove!). (Vincendo pure qualche Grammy.) Ma sono altresì la prova evidente che raggiungere i primi posti delle cosiddette Alternative charts significa spesso poter andare in cima alle charts "normali", inoltre, dove ci sono anche i gruppi e gli artisti del vero, banale pop. Ma allora: che alternative sarebbe?
Dedicato a tutti noi: "Fever", da un album di The Black Keys - Turn Blue - pieno di sfumature malinconiche e addirittura soul (perché Auerbach stava divorziando dalla moglie). Una canzone per tutti noi... nell'ottica della cronaca attuale. (#Coronavirus)
"Wonderjazz!" a tutti. Oggi (domenica, giorno dedicato al jazz...) torniamo all'amato John Coltrane.
Stavolta proponiamo lo straordinario brano "Blue Train", dall'album omonimo.
John Coltrane – tenor saxophone Lee Morgan – trumpet Curtis Fuller – trombone Kenny Drew – piano Paul Chambers – bass Philly Joe Jones – drums
I'm The Manic Whale è un quartetto di Reading e Londra deliziosamente devoto al symphonic rock Anni '70. Sonorità ovviamente filtrate attraverso le lenti del presente...
Secondo gli stessi componenti del gruppo, i Genesis sono tra le loro maggiori fonti di ispirazione; insieme a Neal Morse, Spock's Beard, The Flower Kings e Big Big Train.
Una buona notizia è che ad aprile uscirà il loro quarto CD. Things Unseen, il titolo. CD pre-ordinabile qui.
La terza fatica di questa band (l'ultimo disco finora uscito, dunque) non è in studio bensì un 'live': New Forms Of Life - Live at the Oakwood. Anche grazie all'ausilio del video sottostante (che ci presenta gli I Am The Manic Whale in azione, mentre performano una delle canzoni più notevoli dell'album), possiamo ammirare le capacità e l'inventiva di:
Ben cioè Ben Hartley (batteria, percussioni, vocals),
John che sarebbe John Murphy (tastiere, murphatron, vocals),
David al secolo David Addis (giovanotto di vita, come testimonia il suo canale Youtube, che qui suona le chitarre: acustica, elettrica e classica a 6 corde)
e infine (ma solo perché il suo nome di battesimo viene alfabeticamente per ultimo) il bassista, ovvero
Michael, all'anagrafeMichael Whiteman (è il cantante [principale] e figura molto vicina a quella del classico bandleader; suona il basso, come dicevamo, e pedali strombolief, e in più chitarra elettrica e chitarra acustica a 12 corde).
Chi è appassionato di buona musica, e di rock progressivo in particolare, non può certo ignorare questa formazione inglese. E non rimarrà indifferente al fatto che il 24 aprile uscirà (lo sottolineiamo) Things Unseen, loro quarto CD (registrato in studio). Dove gli I Am The Manic Whale si avvalgono della collaborazione di un fagotto, di un flauto, di diversi strumenti ad arco... Inoltre, come leggiamo su Bandcamp:
These songs (on/of Things Unseen) aren't about what you might at first think. They are inspired by urban myth, fantasy literature, ecology, celebrity culture, a baby's smile, an afternoon at Grey's Court, interlocking block construction toys and a British engineering marvel.
Domenica è, tradizionalmente, giornata dedicata al jazz perTopolàin. "Ma che cos'è propriamente il jazz?" Vogliamo spiegarlo brevemente, brevissimamente, a chi forse non se ne è mai interessato. A te, dunque. E chissà che il jazz non cambi anche la tua vita!
Il jazz fu l'evoluzione di forme musicali già utilizzate dagli schiavi afroamericani. Inizialmente aveva la forma di canzoni di lavoro nelle piantagioni e, durante la costruzione di ferrovie e strade negli ancor giovani Stati Uniti d'America, serviva a ritmare e coordinare i movimenti. Il ritmo era binario. I primi musicisti suonavano musica ad orecchio e le orchestre pionieristiche a New Orleans erano chiamate "Ragtime Bands"...
Questi sono i Tuba Skinny, che rivisitano spesso brani del primo XX. sec.
Fu la musica da ballo dominante tra il 1930 e il 1940. Lo swing di Benny Goodman e le big bands di Duke Ellington, Glen Miller, Dizzy Gillepsie ecc. segnarono il successo di questo genere musicale. L’avvento della Seconda Guerra Mondiale pose fine al periodo delle grandi orchestre (la maggior parte delle quali dovettero sciogliersi). Nacque il be bop. Gli Anni Sessanta segnarono per gli U.S.A. la fine dell'"età dell’oro" di Eisenhower e inaugurarono un periodo di profondi mutamenti, in cui la musica in generale e il jazz in particolare non furono estranei. (Impegno civile e sociopolitico di Max Roach, Sonny Rollins, Charlie Mingus...) I suoni continuavano a mutare e fondersi... L'era delle avanguardie era appena agli inizi.
Gli strumenti associati con il jazz sono sassofono, tromba, pianoforte e contrabbasso, anche se a poco a poco se ne sono aggiunti altri. Tutti conosciamo Jean Luc Ponty, con il suo violino elettrico...
Coltrane
Tra i sassofonisti di rilievo: Charlie Parker, un'icona (be bop); John Coltrane, leggenda astrale; Stan Getz; Coleman Hawkins; Sonny Rollins; Wayne Shorter; Michael Brecker...
I trombettisti includono Louis Armstrong, Dizzy Gillespie e Miles Davis, e inoltre Nat "Cannonball" Adderley, Chet Baker, Wynton Marsalis, gli italiani Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Paolo Fresu...
Tra i pianisti più noti: Duke Ellington, Bill Evans, Dave Brubeck, Bud Powell, Art Tatum, Fats Waller, Chick Corea, Marian McPartland, Herbie Hancock.
Album mitico: Kind of Blue. Vi suonò anche Coltrane.
Tra i cantanti ricordiamo Ella Fitzgerald, Billie Holiday e George Benson.
Nel cofanetto di 10 CD pubblicato dalla Sony molto spazio viene dato appunto alla Holiday (tutto il primo CD)... mentre il n. 10 è dedicato al jazzrock dei Weather Report.
Jazzrock: praticamente un sinonimo di fusion (ma il jazzrock è sporadicamente chiamato anche rock jazz). Il genere è emerso negli Anni Sessanta e può avere un carattere più o meno funky o più o meno simile allo spacerock. C'è la tendenza easy listening che sfocia nell'ambient e/o nella musica meditativa e ci sono le sonorità complicate dei gruppi che vengono fatti rientrare nel progressive rock. E giù tutta una carrellata di definizioni e sottogeneri...
Un album dei Soft Machine, brillante band della "scena di Canterbury": tra fusion e rock psichedelico
Altro libro assai utile: Come si ascolta il jazz.Conversazioni con Wayne Shorter, Pat Metheny, Sonny Rollins, Ornette Coleman, Joshua Redman, Branford Marsalis e altri (Marsilio Editore)
All'inizio ci furono i Beatles con "Helter Skelter", "Revolution", "I Want You (She's So Heavy)"; gli Who con "I Can See for Miles", "My Generation"; ci fu "You Really Got Me" dei Kinks. E ovviamente Jimi Hendrix, con le sue esibizioni al Festival di Monterey nel 1967 e a Woodstock nel '69.
Per certi puristi, però, la frangia più hard (e oggi diremmo "metallara") del rock si concretizzò a fine Anni Sessanta. Nel 1968 esce il primo album dei Deep Purple, seguito nel 1969 dalla seconda uscita purpleiana e dal debutto dei Led Zeppelin, mentre nel 1970 si registra l'esordio dei Black Sabbath.
Questi tre gruppi possono ritenersi le pietre miliari della parte più "cattiva", più dura - non solo nei suoni: spesso anche nei testi - della musica a base di chitarre elettriche, basso, batteria, sintetizzatori.
Led Zeppelin o... New Yardbirds? Così infatti avrebbe dovuto chiamarsi il gruppo. Già gli Yardbirds (così come i Cream) avevano gettato il seme per l'hard rock ma, per molti appassionati, i veri pionieri del genere sono i Deep Purple. I critici più attenti tendono a considerare i Led Zep, piuttosto, portabandiere di un misto di Delta blues, rock psichedelico e folk inglese. Innegabile è che gli Yardbirds dell'ultimo periodo (1967-68), proprio quelli con Jimmy Page, sdoganarono un rock alquanto duro. Poi si separarono per interessi diversi (e per le solite battaglie dell'ego). La situazione era la seguente: Page e Peter Grant (manager, poi quinto componente dell'ensemble del quale si racconta in queste righe) si erano impegnati con la casa discografica a onorare gli accordi presi in precedenza, e allora Page va a scovare - non senza alcune difficoltà iniziali - tre fenomeni, e dà la stura ai leggendari "Lead Zeppelin" (così si chiamavano in origine: "dirigibile di piombo").
Mai e poi mai lui e Grant avrebbero pensato a un successo del genere! Correva l'anno 1969 e i Led Zeppelin, al primo colpo, piazzarono un album formidabile. "Stairway to Heaven", che avrebbe consacrato la loro fama per l'eternità, sarebbe arrivato solo dopo: su Led Zeppelin IV. Intanto però risultava già vincente la loro miscela di rivisitazioni di vecchi brani blues e di esecuzioni strumentali da avanguardia underground, facendoli svettare su una miriade di gruppi nascenti.
I musicisti reclutati da Jimmy Page (che, lo ricordiamo, negli Yardbirds militava con personaggi del calibro di Eric Clapton e Jeff Beck), furono il bassista John Paul Jones, il batterista John Bonham e il cantante Robert Plant. E Page rimase sempre il "mastermind" della band. Anche se, senza Plant, il dirigibile non si sarebbe mai innalzato verso i cieli delle stelle eterne.
La risonanza riscontrata da Led Zeppelin fu grande, dunque, e non si perse tempo a realizzare il prodotto successivo. Diverso materiale lo avevano già; in più si poteva sempre pescare qualcosa dal repertorio blues, che offre svariati spunti... gratis. L'impressione comunque era che qualcosa stava già cambiando rispetto al primo disco. Il suono si faceva meno selvaggio, più studiato. E Led Zeppelin II avrebbe contenuto uno degli inni-simboli della generazione hippie, un brano che meritava il primo posto nella tracklist: "Whole Lotta Love".
L'album si catapultò in cima alle classifiche, schiodando dal trono i Beatles. Il cosmo musicale ebbe come uno slittamento, una scossa davvero forte: il "Dirigibile Marrone" (così venne designato l'LP in America) invase il mercato e i poster dei Led Zeppelin (quattro ragazzi britannici indubbiamente bellocci) ornarono le camerette dei teen-ager di tutto il mondo. "Whole Lotta Love" trascinò in un vortice orgasmico turbe di ascoltatori... mentre sullo stage si svolgeva una sorta di amplesso, basato sulle capriole vocali di Plant e la melodia spesso sfrenata della chitarra di Page.
Robert Plant
Anche in futuro i Led Zeppelin attingono a piene mani dal repertorio blues e rock-blues degli Anni 50 e 60, oltre che dal folk e dalla musica orientale. Ma si preoccupano sempre di fornire un sound controcorrente, rivoluzionario, lasciando segni indelebili nella storia della musica. A brani scatenati, si alternano ballate struggenti ("Babe I'm Gonna Leave You" e diverse altre), che, pure, sono sapientemente intarsiate con i fuochi d'artificio degli strumenti. La voce di Robert Plant (non ci stancheremo mai di dirlo) è fondamentale per la riuscita del progetto. Plant possiede un timbro vocale estremo, sa essere eclettico... e si rese subito famoso per le pose sfrontate che assumeva sul palco. Divenne una vera e propria icona e funse da modello per moltissimi cantanti che arrivarono dopo di lui. In un sondaggio condotto nel 2011 tra i lettori internazionali di Rolling Stone, Robert Plant fu eletto "il più grande cantante solista di tutti i tempi".
Page
Quando si parla di maestri della chitarra elettrica, si pensa a Eric Clapton, Jimi Hendrix e - ovvio - a Jimmy Page. Fin da adolescente, Page (che, come Plant, era nato in un sobborgo di Londra) fu un richiestissimo turnista. I Led Zeppelin furono indiscutibilmente la sua creatura e divennero, per molti gruppi, l'esempio assoluto da seguire, anche grazie all'utilizzo che lui faceva di chitarre distorte ("Whola Lotta Love", "Dazed and Confused", "Immigrant Song"), della slide ("You Shook Me", "In My Time of Dying") e grazie al ponderato impiego di chitarre acustiche ("Ramble On", "Over the Hills and Far Away", "The Battle of Evermore").
Page fu affascinato dall'occultismo e in particolare da Alaister Crowley, tanto da arrivare a comprare la villa di Crowley sulle rive del Loch Ness. "ZoSo" (noi tendiamo a leggerlo così, ma in realtà è un simbolo astratto e misterioso disegnato dallo stesso Jimmy Page) fu la runa scelta dal chitarrista per l'album Led Zeppelin IV. A partire dai tour del 1971, il simbolo avrebbe fatto mostra di sé sulla copertura del finale dell'amplificazione della sua chitarra.
Riguardo a Boleskine House (la celebre casa sull'ancora più celebre lago), Jimmy l’aveva trasformata in una specie di tempio dell'esoterismo, dell'occulto. Cercherà di prendersi anche l’Abbazia di Thelema, altra abitazione di Crowley (in Sicilia, per l'esattezza a Cefalù, intanto ridotta a un rudere), ma senza riuscirvi.
John Baldwin, meglio noto come John Paul Jones, è un polistrumentista e compositore nato a Sidcup, nel Kent. Militò nei Led Zeppelin nel doppio ruolo di bassista e tastierista, dopo che era stato, fin dalla giovinezza, un apprezzato session-man e arrangiatore.
Jones si imbatté in Jimmy Page durante la registrazione dell'album di debutto di Jeff Beck, Truth. In seguito Page prese proprio il posto di Beck come chitarra solista negli Yardbirds. Come abbiamo visto, con il loro scioglimento nel 1968, Jimmy Page volle riformare il gruppo con il nome di New Yardbirds. In realtà la prima formazione della band vedeva, oltre allo stesso Page, musicisti ben differenti: il cantante Terry Reid e il bassista Chris Dreja. I due però si defilarono, lasciando il posto, appunto, al giovane cantante Robert Plant e al batterista John Bonham. Jones si autopropose per il ruolo di bassista e, essendo note le sue qualità, fu accolto nella formazione.
La runa scelta da John Paul Jones per il disco Led Zeppelin IV
John Henry Bonham, conosciuto anche come "Bozo", era venuto alla luce a Redditch nel Worcestershire. Per Rolling Stone, fu "il miglior batterista di tutti i tempi". Già a 5 anni sapeva di voler suonare i drums. Buddy Rich era il suo idolo. C'era Robert Plant al microfono dei Crawling King Snakes, gruppo in cui Bozo era entrato a far parte quando si era dedicato alla musica a tempo pieno. Lui e Plant divennero amici e fu quasi inevitabile il loro ingresso in coppia nei neoformati Led Zeppelin, i quali registrarono in sole 30 ore il loro primo album, dal titolo omonimo. Per John Bonham alias Bozo fu l'inizio della scalata verso il successo mondiale.
La runa scelta da Bonham per Led Zeppelin IV
Ottime testimonianze delle incredibili performances di John Bonham sono contenute nel film The Song Remains the Same e nel Led Zeppelin-DVD del 2003. Accadeva spesso che Bonham, nella furia dell'improvvisazione, gettasse via le bacchette e continuasse a suonare picchiando a mani nude sulle pelli e sui piatti per conferire uno stile più fisicamente percussivo al suo sound.
Un po' come Keith Moon degli Who, Bozo fu un personaggio fuori dalle righe. Costretto per via della carriera con il "Dirigibile" a vivere per lungo tempo lontano dalla famiglia, soffrì tanto, essendo fondamentalmente un ragazzo di campagna legato agli affetti e poco adatto ad affrontare le folle oceaniche. Si diede all'eroina. Poi riuscì a disintossicarsi, ma cercando di tenersi su con l'alcol. Tanto, troppo alcol.
La sua morte avvenne il 25 settembre 1980. I Led Zeppelin stavano progettando un ritorno sulle scene dopo un breve periodo di pausa. Bozo si presentò nella villa di Page piuttosto alticcio e, durante le prove, continuò a ingollare vodka, tanto da non essere in grado di suonare. I compagni lo portarono in un’altra stanza per lasciarlo dormire. Il mattino dopo lo trovarono privo di vita, soffocato dal proprio vomito. Aveva 32 anni... Fu una tragedia assurda. Immediatamente, la band, su invito esplicito di Jimmy Page, decise che la loro storia sarebbe finita lì. Il 4 dicembre 1980 gli Zeppelin annunciarono alla stampa di essersi sciolti. E, a parte qualche reunion, tennero fede alla propria parola.
"Moby Dick", contenente un cellebre assolo ai drums di Bozo
Il simbolo scelto dal cantante Robert Plant per l'album Led Zeppelin IV del 1971
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iI II (vinile)